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Como, cyberbullismo su un 17enne: 3 giovani a processo

COMO CYBERBULLISMO 17ENNE – I fatti sono avvenuti tra settembre 2020 e marzo del 2021. Tre giovani ragazzi del liceo “bene” di Como esercitavano atti di cyberbullismo nei confronti di un loro compagno. L’unica colpa della vittima (17enne all’epoca dei fatti) era quella di avere un suo pensiero sulle cose, le sue idee politiche e di non essere uniformato a quello dei suoi compagni di classe. 

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I carnefici (anche loro 17enni all’epoca dei fatti) scrivevano frasi d’odio e minacce in una chat chiamata Octopussy, dove il contenuto dei messaggi era gravissimo. Per questo motivo, i tre bulli andranno a processo, in quanto ieri sono stati rinviati a giudizio per le intimidazioni inflitte.

Cyberbullismo si un 17enne a Como: il contenuto dei messaggi

All’epoca, sia i bulli che la vittima frequentavano un liceo scientifico privato. I messaggi avevano contenuti minacciosi, omofobi, antisemiti e inneggianti al fascismo. «Qui c’è qualcuno che vuole un colpo di Ak (fucile da guerra, ndr) nell’arteria», è uno dei messaggi che era presente nella chat. E ancora: «Tu mi stai simpatica perché mi spingi alla violenza verbale». 

Scrivevano anche citazioni della dichiarazione di guerra di Mussolini il 10 giugno 1940 con inviti a “tirar fuori le palle da fascista”. La chat si riempiva con vere e proprie minacce di morte: di schiacciarlo con un trattore, picchiarlo forte, i bulli gli  hanno anche inviato foto con una sedia a rotelle evocativa. 

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A causa di questa chat che “cagionava alla vittima un grave stato di ansia e di timore per la propria incolumità” – come si legge nella richiesta di rinvio a giudizio scritta dalla pubblica ministera Sabina Ditaranto – il ragazzino ha dovuto cambiare scuola.

Un vero incubo di cui a scuola non si sarebbe accorto nessuno. In famiglia le cose però sono pian piano emerse, da lì la decisione dei genitori di presentare denuncia in Procura presso il tribunale dei minori. In seguito, quando sono stati ascoltati, i tre hanno cercato di ridimensionare i fatti, ma di fatto hanno confermato la paternità dei messaggi. Poi hanno promesso le scuse alla vittima. Queste non sono mai arrivate. Adesso andranno a processo.

Fonti: Qui Como & Open

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Anna Del Prete

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