Conte parla della crisi di Governo: “Non è nelle mie mani”
Il premier Giuseppe Conte rompe il silenzio e affronta il tema crisi di Governo. Recovery e MES al centro del mirino
Il premier Giuseppe Conte rompe il silenzio e parla della crisi di Governo. A Porta A Porta, intervistato da Bruno Vespa, il premier si lascia andare e affronta l’ipotesi di una crisi di governo: “Non dico che aria di crisi non c’è stata, dico semplicemente che la crisi non è nelle mie mani.”
Dalle minacce renziane al rifiuto di scendere a compromessi pentastellato, il premier Conte decide finalmente di parlare: “In questi giorni ho parlato poco, ma ho sempre chiarito che si va avanti se c’è la fiducia di ciascuna forza che sin qui ha sostenuto la maggioranza. Ho dimostrato in mille occasioni che sono qui a lavorare per l’interesse del Paese.”
Che Matteo Renzi abbia calcato la mano appare chiaro un po’ a tutti, ma la credibilità delle sue intenzioni rimane poco solida: “‘Sta bluffando“, afferma Dario Franceschini, commentando il rischio di voto anticipato.
I punti della discordia
La maretta natalizia vissuta in questi giorni dall’esecutivo sarebbe causata da alcuni punti chiave, primo tra tutti: il MES, ma anche la delega sui Servizi. Sul Recovery Plan è tutta questione di tempo e Conte inizia a sentire la pressione di fine anno: “Bisogna correre. Se falliamo, andremo a casa con ignominia.”
Sul fronte MES, le distanze aumentano e poco conta il faccia a faccia avuto con i “renziani” per risolvere il quattro e quattr’otto una situazione più complicata del previsto. Il MES arriva così ad essere il vero ago della bilancia all’interno dell’esecutivo, la vera arma di divisione di questo fine anno: “Cerchiamo di capirlo: i 36 miliardi del MES ci farebbero accumulare deficit e lasceremmo così alle generazioni future un fardello non da poco.”
Ai problemi si aggiunge la questione dei fondi da destinare alla sanità, problema che, stando al premier, potrebbe risolversi con progetti trasversali: “Negli incontri fatti con le forze di maggioranza abbiamo discusso degli stanziamenti nella bozza del Recovery sulla salute. Si è detto che 9 miliardi sono pochi, ma io ho detto a tutti di ragionare sul fatto che molti progetti sono trasversali. Come quando ragioniamo sul capitolo degli efficientamenti degli edifici pubblici o sulla digitalizzazione. Già adesso stiamo parlando di più di 15 miliardi di partenza. Ho detto che siamo disponibili a discutere di rafforzare gli investimenti per la sanità: continuiamo a lavorarci.”
Recovery Plan in attesa
Conte appare preoccupato dalle scadenze di fine anno e sul Recovery Plan le cose devono sbrigarsi in tempi brevi, molto brevi: “Abbiamo l’obiettivo di chiudere entro l’anno il documento di aggiornamento sullo stato dell’arte del Recovery plan. É importante farlo perché poi potrebbero accumularsi dei ritardi che oggi non ci sono.”
Dunque, avrebbe poi aggiunto: “Non possiamo permetterci di ritardare. Per questo ho invitato tutte le delegazioni di maggioranza e governative per affrettare l’esame della documentazione e ritrovarci già tra Natale e Capodanno per trovare la necessaria sintesi. Dobbiamo assolutamente andare avanti nel lavoro e inviarlo in Parlamento e avviare il confronto con le parti sociali.”
Da qui, continua il premier: “La necessità di non andare oltre. Il 7 dicembre ho portato in un Consiglio dei ministri straordinario la bozza perché fosse discussa da tutti. Da allora abbiamo continuato a lavorare a livello ministeriale per approfondire meglio i vari aspetti dei progetti e dei saldi. Adesso però dobbiamo correre e ci dovrà essere la sintesi finale.”
L’ipotesi di crisi
All’ipotesi di una possibile crisi di governo e, dunque, a un mancato incontro tra le parti a conti fatti, il premier distoglie lo sguardo con insofferenza e pensa alla credibilità del Paese: “Questo piano deve confermare la piena credibilità dell’Italia, non possiamo disperdere le risorse. Se non riusciremo in questo intento, questo Governo se ne deve andare a casa con ignominia. Lasciamo perdere le crisi o le contro-crisi di Governo.”
Crisi e contro-crisi
Se o meno l’appello del premier andrà a buon fine resta ancora da vedere. Fatto sta che i malumori interni alle Camere esistono e si fanno sentire. Tutto rimane fermo a una questione di credibilità, sia per il premier Conte che per le intenzioni dei partiti, dettisi contrari ad alcuni dei punti fondamentali di fine anno. Se Renzi, il centrodestra e, in parte, il M5S porteranno avanti questa linea, di crisi e di contro-crisi purtroppo toccherà parlarne ancora e in quel caso, gli appelli del premier Conte potrebbero non bastare a spegnere il disappunto generale con cui dovrà fare ancora una volta i conti.
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