26 Febbraio 2015 - 11:00

Era la terribile Corazzata Potemkin! La “scalinata di Odessa” di Ejzenstejn citata da Fantozzi e De Palma. Analisi

La celebre sequenza de La corazzata Potemkin, cosa significa per il linguaggio cinematografico? La parodia di Fantozzi cosa dice realmente, al di là del lato comico? De Palma la cita nel film Gli intoccabili, è solo un omaggio?

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Il cinema è movimento, azione, dialettica: “La corazzata Potemkin” di Sergej Ejzenštejn è il risultato di un percorso estetico e artistico centrato sull’ideologia politica. I film del maestro, almeno quelli iniziali, nascono con l’esigenza di plasmare visivamente un pensiero politico, o meglio il pensiero.

corazzata potemkin

La corazzata Potemkin, 1925

La Corazzata Potemkin, realizzato nel 1925, costituisce il primo film in cui la maturità del regista diventa pratica cinematografica condivisa. Un’opera che è rimasta nella storia del cinema per il suo valore rivoluzionario: sul piano politico e sul piano formale.

Sergej Ejzenštejn passa dal teatro al cinema con lo “scopo” di creare un linguaggio capace di suscitare la rivoluzione del proletariato, “La corazzata Potemkin” ne è un chiaro esempio. Gli espedienti che utilizza, ormai ben sperimentati dal cinema sovietico (Kulešov, Vertov), sono il montaggio dialettico e le associazioni visive che portano allo shock. Da questa reazione, ottenuta attraverso l’uso spietato e meditato del montaggio, definito dialettico, il proletariato sprigionerà la sua coscienza da sfruttato e si opporrà al potere prestabilito.

La “sequenza della scalinata di Odessa”  in “La corazzata Potemkin” è rimasta impressa nella storiografia tanto da essere rievocata e citata più volte. Paolo Villaggio la ribalta ne Il secondo tragico Fantozzi (1976), perché vittima di cineforum imposti da un cultore del cinema d’arte, ma fondamentale personaggio che garantisce un posto di lavoro sia a lui che a molti suoi colleghi.

La battuta: “La Corazzata Potemkin è una cagata pazzesca!” recitata durante i nauseanti dibattiti post visione, rappresenta uno sfogo liberatorio di un proletario, come il ragionier Fantozzi, che è sottomesso al sistema; un atto rivoluzionario contro la falsa e perbenista sinistra che strumentalizza l’arte per veicolare discorsi e ideologie che non corrispondono al loro agire. La rivoluzione del proletariato di Ejzenštejn dunque cosa ha suscitato in Fantozzi? Il bisogno di reagire al flusso d’immagini riordinate secondo un’idea politico-sociale, che pur guardando distrattamente porta alla luce una coscienza sopita e latente: l’indole rivoluzionaria della classe sociale più sfruttata e snobbata della storia.

Un altro passaggio narrativo molto interessante è l’incendio della pellicola preziosa de La corazzata Potemkin del professore Ricardelli e la successiva ricostruzione della scena della scalinata, ripetuta ogni sabato.

L’infiammabilità delle pellicole in nitrato, e quindi il rischio della perdita irreversibile del film, è un tema cruciale a partire dagli anni ’60, e in questo caso la citazione/ricostruzione della scena fa un’operazione di “restauro”, nella rievocazione delle inquadrature e del montaggio. Il secondo tragico Fantozzi fa rivivere un testo di grande importanza prolungandone la memoria attraverso la sequenza principale: la scalinata di Odessa.

Il punto di vista cambia e si procede per sottrazione, ma rimangono quei dettagli celebri: i piedi dei soldati che scendono in maniera sincronica e drammatica la scalinata, la fucilazione, l’occhio della madre (questa volta però non presenta il passaggio attraverso il montaggio alternato dell’occhio prima impaurito poi immerso nel sangue dopo il colpo di fucile), la mamma con il bambino che rimane uccisa da cui parte l’empatico momento della carrozzina che scende giù per le scale, in chiave comica ne Il secondo tragico Fantozzi.

In La corazzata Potemkin di Ejzenštejn la carrozzina è ripresa dalla mdp nel suo movimento in diagonale associato poi ad altri elementi della scena: il passo dei soldati, i colpi di fucile, le urla di dolore e disperazione, dettagli degli sguardi terrorizzati, tra cui l’occhio della madre; in questo caso Ejzenštejn esprime al meglio la sua concezione di montaggio dialettico attraverso una somma di immagini: la carrozzina con il bambino + l’occhio della donna + l’uomo che bastona (ma non vediamo cosa) + l’occhio della donna con sangue e occhiali rotti = violenza e morte. L’uomo che bastona può essere anche un personaggio extradiegetico, perché era pratica frequente di Ejzenštejn creare associazioni tra un’immagine diegetica e un elemento opposto ed esterno in grado di creare il pensiero a livello visivo: ad esempio è celebre il montaggio dialettico in Sciopero, quando associa alla strage la macellazione dei maiali.

Infine Gli intoccabili di Brian De Palma, film del 1987, la sequenza è citata, ma è acquisita in termini estetici, narrativi e concettuali. Ci troviamo alla Union Station di Chicago, dove l’agente Eliot Ness deve bloccare il contabile di Al Capone, Payne, che tenta di scappare con un treno. In questo passaggio narrativo è rievocata la scalinata di Odessa di Ejzenštejn. Come su un palcoscenico, come in una coreografia, Ness osserva tutti i movimenti e le persone che attraversano la stazione. Quando individua Payne e la sua scorta, aiuta una giovane mamma a trasportare la carrozzina con il bambino su per le scale della stazione. Quest’azione permette a Ness di distrarre i passanti e di reagire al momento opportuno. Comincia così la sparatoria mirata che coincide con la discesa della carrozzina e la disperazione della madre. Un bellissimo rallenty mostra questi corpi in scena come dei ballerini tra sangue e violenza, tipico del cinema di De Palma, in cui i dettagli e le inquadrature sprigionano una carica di suspense, poetica, in quanto smorzata dall’andamento lento. Il bambino nella carrozzina è coccolato dalla discesa e bloccato dal piede del collaboratore di Ness, che s’inserisce improvvisamente nella scena, evitando il peggio.

Si consuma così un altro intenso momento che deriva da Ejzenštejn, ossia il dettaglio del volto del contabile, contro cui l’agente mira il proiettile della pistola: primo piano degli occhi terrorizzati e consapevoli della morte imminente del contabile (= occhio della madre in Ej.) + agente con pistola (= uomo con bastone in Ej.) + dettaglio occhi (= dettaglio occhi madre in Ej.) + sparo + crollo del corpo + sangue (= dettaglio occhio madre con sangue in Ej.) = morte del contabile = morte della madre in “La corazzata Potemkin” di Ejzenštejn.

De Palma non solo omaggia “La corazzata Potemkin”, uno dei film basilari del linguaggio cinematografico, ma fa un’operazione di reinterpretazione e integrazione, sommando con l’estetica e il contenuto narrativo sia il formalismo che il valore ideologico di Ejzenštejn: siamo nell’America del proibizionismo, quando Al Capone è il capo del traffico dell’alcool. Gli agenti sono gli attanti narrativi che si ribellano al sistema corrotto e malsano dell’America degli anni ’30. Dalla citazione dunque, entriamo nell’idea di cinema come mezzo che esprime la coscienza della rivoluzione, partendo appunto dalla forma: elemento centrale nel cinema russo delle origini e di Sergej Ejzenštejn.

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