Coronavirus, vaccino “jolly” funziona sugli animali. Presto test sull’uomo

Prodotto in un laboratorio di Pechino un nuovo vaccino contro il coronavirus. La tecnica usata è la stessa che ha salvato milioni di persone dalla poliomielite

Esistono diversi approcci per la produzione di vaccini e, in questo momento, i laboratori impegnati nella lotta al coronavirus ne stanno mettendo in gioco diversi. In America, ad esempio, si sta sperimentando un vaccino ad RNA, mentre in Europa vaccini genetici per la produzione della proteina Spike capace di indurre una risposta immunitaria. Uno degli approcci vaccinali più conosciuti e che ha già salvato la vita di milioni di persone, prevede l’inattivazione del virus in questione che, una volta inoculato nell’organismo, non scatena la malattia ma induce comunque la risposta immunitaria.

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Stiamo parlando dello stesso metodo con cui è stato prodotto il vaccino contro la poliomielite da parte dello scienziato Jonas Salk che, a partire dal 1955, ha fatto scendere il numero di malati di polio da 58 mila del 1952 ai 2500 del 1957 e ai 61 del 1965. Poche ora fa, sull’autorevole rivista scientifica Science è stato pubblicato uno studio che spiega in che modo il coronavirus è stato prelevato, inattivato ed inoculato in modelli animali, proprio come fu fatto per la polio.

La sperimentazione

Il vaccino denominato PiCoVacc è stato prodotto dall’azienda Sinovac Biotech con sede a Pechino e guidata dall’equipe dello scienziato Qiang Gao. Gli studiosi hanno prelevato i diversi ceppi di virus riscontrati in 11 pazienti provenienti da Cina, Italia, Svizzera, Spagna e Gran Bretagna. Ne hanno selezionato uno che è stato fatto crescere in laboratorio, purificato e trattato chimicamente o termicamente per renderlo inadatto alla replicazione. Questo virus è stato poi somministrato in topi, ratti e macachi che dopo tre settimane sono stati infettati con tutti i ceppi virali prelevati. Il risultato è stato che gli animali vaccinati erano protetti da tutti i diversi tipi di coronavirus riscontrati in questa pandemia, mentre quelli non vaccinati si sono tutti ammalati. In particolare, nei topi è stata riscontrata un numero di anticorpi 10 volte superiore a quello presente nei pazienti guariti da Covid-19 e dal cui plasma si sta sperimentando una terapia.

Al momento il numero di risultati ottenuti è ancora esiguo per poter affermare di aver trovato un vaccino. Tuttavia, l‘assenza di tossicità e la grande risposta immune negli animali potrebbero consentire una sperimentazione umana già entro la fine dell’anno.

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Guido Isacco

Giornalista pubblicista iscritto all'Ordine dei Giornalisti-Sezione Campania. Appassionato di scienza, arte e attualità. Collaboratore presso ZON.it, per il quale cura principalmente la rubrica HealthZon.

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