Che fosse una situazione fuori da ogni schema lo si era capito sin dall’inizio. Ma che evolvesse verso il caos totale nessuno (o in pochi) se lo aspettavano. Il Covid-19 non ha solo generato un disastro a livello sanitario nel nostro Paese. Ha creato, infatti, anche una vera e propria politica del caos che non solo porterà (sta già portando in realtà) ad una sconfitta generale. Ma inasprirà ancor di più i rapporti nella nostra Penisola.
Il picco di questo scontro è individuabile nella diatriba tra Stato e Regioni degli ultimi giorni. Per comprendere al meglio il tutto, però, è necessario fare un breve excursus storico della vicenda. Durante il periodo del primo lockdown (marzo-aprile), le realtà territoriali (Regioni e Comuni in particolar modo) lamentarono (giustamente) il mancato coinvolgimento da parte di Roma nelle scelte adottate. A partire da Settembre, quindi, si decide di marciare assieme (Stato e Regioni) per procedere al meglio per la gestione della pandemia.
Con il DPCM del 24 ottobre si ha un cambio di strategia. Il confronto tra i due soggetti ha portato a una mediazione su specifiche disposizioni, così come indicato dalla Conferenza Stato – Regioni. L’aggravarsi della situazione, però, ha condotto a ben altri due DPCM. Che hanno generato il caos che ancora oggi mette in seria difficoltà la nostra Nazione.
Per quanto riguarda il Governo, è possibile individuare due defezioni nell’azione intrapresa. Il continuo procedere attraverso regolamenti d’urgenza – dettati appunto dalla situazione – ha da un lato isolato nuovamente il Parlamento e dall’altro non fatto comprendere a pieno ciò che veniva fatto. I decreti emanati, pur imposti dalla necessità, sembrano aver sviato la popolazione (e non solo) dalla bontà degli stessi.
Prendere, o meno, determinate decisione deriva sia da una situazione inimmaginabile che da un’impellenza nell’affrontare il nemico invisibile Covid-19. L’aver adottato lo stesso strumento, forse, non ha ben reso ciò che in realtà si voleva (e doveva) fare.
Le Regioni, invece, dal canto loro hanno navigato a vista. Dapprima chiedendo coinvolgimento. Poi, quando sono state date le responsabilità (già garantite dal Titolo V della Costituzione) hanno chiesto un intervento dallo Stato Centrale. Quando questo poi è arrivato hanno cercato, in tutti i modi (come sta avvenendo in Calabria), di sminuire e contrastare quanto determinato.
Questo tipo di atteggiamento, dettato chiaramente da responsabilità di tipo politico, ha prodotto due conseguenze. Da un lato è stato inasprito il confronto tra le parti – con tanto di nuovi ultrà dell’uno o dell’altro – venendo meno anche alle parole del Presidente Mattarella. Dall’altro, si è allontanato ancor di più il cittadino dai propri oneri (in quanto cittadino), creando una più netta spaccatura tra chi è nella stanza dei bottoni e chi invece subisce passivamente la quotidianità.
Andrà tutto bene? Si spera di sì. Ma la strada per sistemare le cose è ancora lunga e parecchio tortuosa.
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