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Dati decisamente preoccupanti. Gettano più di un allarme i report di “Nella mente dei genitori: riflessioni su bullismo e cyberbullismo”, una ricerca presentata a Milano, in Sala Buzzati, in apertura dell’evento “Elogio dell’empatia. Contributo al dialogo sul bullismo”. L’evento è diventato fondamentale per affrontare il tema e per svolgere un incontro che rapporti giovani e adulti. L’indagine, realizzata da Sfera MediaGroup a cura di Federico Gilardi, prende in considerazione il rapporto che gli adulti hanno nei confronti dei due fenomeni.
Questi, ormai, sono sempre più diffusi nella società odierna, e riguardano i più grandi sia rispetto al loro vissuto, sia in relazione ai propri figli. I numeri, sotto questo punto di vista, sono decisamente allarmanti. Il 63% dei rispondenti (età 25-65 anni) afferma di averlo vissuto in prima persona, come vittima nel 37% dei casi o come spettatore attivo o passivo. Rispetto ai propri figli, il 74% teme che vengano coinvolti in episodi di bullismo o di cyberbullismo. La metà degli intervistati afferma invece di sapere (o di sospettare) che sia già avvenuto (il 30% indica il figlio come la vittima).
Dai dati emerge come il fenomeno sia sostanzialmente trasversale, a prescindere dal contesto familiare e sociale. Il 94% degli intervistati considera il fenomeno rilevante e dichiara di informarsi prevalentemente attraverso i media (50%) o parlandone con amici e conoscenti (46%), ma il 50% di loro ritiene di non avere informazioni sufficienti su come comportarsi di fronte al bullismo. Per il cyberbullismo, invece, il 33% degli intervistati che dichiara di non sentirsi competente sul tema. Si evince però un alto grado di libertà dei figli, che già in età scolare e prescolare utilizzano abitualmente lo smartphone (55% nella fascia 6-10 anni e 78% in quella 11-13) anche in autonomia (60% nella fascia 6-10 anni e 82% in quella 11-13).
Molti lo fanno senza regole precise di utilizzo (20%) o con regole facilmente aggirabili, anche rispetto a navigazione online e chat. Un problema vero è quello riguardante rispetto per la privacy (29%) e fiducia nei propri figli (23%). In presenza di supervisione delle chat dei figli da parte dei genitori, però, i rispondenti affermano di aver rilevato molti contenuti inadatti, tra cui: linguaggio scurrile/violento (28%) o blasfemo (25%), pettegolezzi (25%), minacce, insulti, dileggio rivolte ad altri ragazzi/e (13%), condivisone di immagini non adatte all’età (13%), istigazione a violare le regole (6%).
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