Dark 3: il nulla e il tutto e il cerchio che si chiude

Con la terza stagione di Dark, lo show di Netflix cala ufficialmente il sipario. Una fine che, però, non chiude tutti i buchi e risulta un po’ forzata

Sicuramente è difficile, ora come ora, approcciare alla terza stagione di Dark senza nemmeno far cenno ai dettagli. Dettagli che sono praticamente indispensabili, che occupano il posto prediletto di “risolutori” di una trama intricata. La serie TV Netflix ha ufficialmente calato il sipario con la sua terza stagione, e lo ha fatto nel suo stile. Ha praticamente chiuso il suo ciclo vitale, un viaggio lungo tre stagioni durante il quale gli spettatori si sono emozionati e scervellati più volte.

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Un’altra novità che si è ritrovata a gestire la serie TV tedesca è quella del finale. Per due stagioni, infatti, gli sceneggiatori avevano scelto di chiudere con dei cliffhanger, con più domande che risposte che garantiva un notevole interesse da parte degli spettatori. Non a caso, stiamo parlando di una delle serie TV più amate in assoluto. Il discorso, però, prende una piega diversa quando si appresta ad avvicinarsi alla fine, alla chiusura di tutto il ciclo. Ed è lì che sorgono le domande ed i problemi. I creatori e gli sceneggiatori di Dark saranno all’altezza di tutto ciò che hanno costruito finora?

Una domanda più che legittima che ha attorniato gli spettatori fin dal rilascio della terza stagione. Non sempre, infatti, grandissime serie TV hanno lasciato in eredità finali “adeguati”. Basti pensare all’ancora chiacchieratissimo finale di Lost (con cui la serie tedesca condivide non pochi aspetti), o a quello di un’altra serie “abramsiana” come Fringe, che ancora dividono. Pronti, quindi, a quest’ultimo viaggio nelle caverne di Winden?

Il multiverso

Riprendere a parlare di Dark dopo le prime due stagioni è un compito assolutamente arduo. Ma cercheremo di riassumere in maniera più semplice possibile una trama davvero complicata che si nidifica ulteriormente in quest’ultima stagione, per poi sciogliersi.

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Alla fine della scorsa stagione, abbiamo lasciato Jonas (Louis Hofmann) in balia dell’Apocalisse. Quest’ultimo, però, viene salvato da una Martha (Lisa Vicari) appartenente ad una realtà parallela. A questo punto, la teoria che inizialmente giocava solamente sui salti temporali, si espande nel suo concetto di multiverso, rendendo tutto ancora più intricato.

Ma l’obiettivo di Jonas, aiutato da Martha, resta sempre lo stesso. Bisogna, infatti, impedire la fine del mondo. E l’unico modo per sopravvivere e regalare una nuova realtà a Winden, un nuovo inizio, è quello di chiudere tutti i cerchi, tutte le porte rimaste socchiuse. I due protagonisti di Dark, quindi, lottano per preservare la linea temporale originale.

Il labirinto della mente

Non è un caso se scegliamo il sottotitolo di uno dei film più intricati di David Lynch (Inland Empire) per descrivere la fine di Dark. La struttura della serie, ancora una volta, gioca infatti con gli stereotipi creati già dal mitico regista americano con la sua amata Twin Peaks (la Loggia Nera tramutata nella Loggia del Sic Mundus ne è solo uno dei tanti esempi) per tessere una tela ancora più intricata.

Gli sceneggiatori, però, ne hanno approfittato. E naturalmente sono riusciti a dare ancora più spessore ai personaggi secondari, offrendo particolari che arricchiscono ulteriormente la serie e il suo immaginario. Anche sul fronte stilistico, Dark si conferma davvero solida ed efficace. Grazie ad una messa in scena granitica, una regia posata e di ampio respiro e un reparto tecnico (soprattutto quello scenografico) che risulta davvero invidiabile, la serie riesce a regalare un’aura del tutto nuova, particolare, fornendo un’identità ben precisa e mai alterata nel corso delle tre stagioni. Spazio a parte merita il montaggio, che non solo gestisce ottimamente le varie linee alternative senza mai far perdere il punto allo spettatore, ma si arricchisce anche di notevoli innesti (come lo split-screen e il montaggio alternato).

Inoltre, c’è da dire che il ritmo, anche durante la terza stagione, resta notevole, ed anzi incalza con il passare degli episodi, inerpicandosi in novità narrative che alzano il livello qualitativo dell’intera serie. Anche gli attori stessi sembrano maturati. Soprattutto i due protagonisti principali, Louis Hoffman e Lisa Vicari, riescono finalmente a donare un’espressività ai propri personaggi che nelle passate stagioni era rimasta un po’ “nascosta”. Insomma, la serie si conferma su livelli ottimi, dal punto di vista formale.

L’originalità e l’autocompiacimento

Malgrado l’ottima fattura, però, c’è da dire che Dark possiede diversi punti critici, che in quest’ultima stagione son venuti tutti a galla. Uno di questi è senza dubbio l’originalità della trama e del suo sviluppo. Infatti, sebbene la scrittura resti solida, in essa troviamo non dei riferimenti, ma dei veri e propri “debiti” nei confronti di serie ben più blasonate come Twin Peaks (in modo palese), Lost, Fringe e qualunque altra serie sci-fi sia stata scritta negli ultimi trent’anni.

Ciò, naturalmente, degrada il valore della serie, in quanto non riusciamo a trovare un vero e proprio punto di rottura con il passato. Altro punto a sfavore di Dark è sicuramente l’autocompiacimento, un po’ troppo in vista soprattutto in quest’ultima stagione. Data la fama ormai consolidata, sembra che gli sceneggiatori abbiano lasciato un po’ andare la mano, giocando un po’ troppo con gli elementi della serie e regalando soluzioni già viste e riviste, per chiunque abbia un minimo di conoscenza televisiva.

Discorso a parte merita il finale. Nel tentativo di ricomporre in fretta tutte le tessere del puzzle, gli sceneggiatori alla fine regalano un mosaico sì ricomposto, ma che risulta troppo forzato, in virtù della volontà di chiudere con tre stagioni per via dell’importanza del numero.
Più respiro alla vicenda e una quarta stagione, con una chiusura progressiva e gestita in maniera meno frettolosa, avrebbero donato sicuramente un’aura completamente diversa e probabilmente una chiusura più degna. Motivo per cui accostare Dark a serie come I Soprano, Twin Peaks, Breaking Bad, The Shield, The Wire ed altre che sono presenti nell’Olimpo sembra alquanto azzardato.

Antonio Jr. Orrico

Studente al terzo anno di Scienze della Comunicazione, con una passione innata per il giornalismo, per la scrittura, per la lettura e per la musica.

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