Il 31 ottobre sono entrate in vigore le nuove norme del cosiddetto Decreto Dignità, fortemente voluto dal Ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico, Luigi Di Maio. Nei primi giorni di novembre, dunque, i contratti a termine scaduti nella prima settimana di vita del decreto devono essere rinnovati sulla base delle nuove norme. Ma ecco che molti contratti, semplicemente, non vengono rinnovati.
Un caso studio potrebbe essere quello della Comdata di Lecce, un call center pugliese nonché il più grande datore di lavoro del Salento. L’agenzia, infatti, negli ultimi giorni ha tagliato circa 200 posti di lavoro. Chiaramente ci si potrebbe chiedere se esista effettivamente un nesso tra il decreto Di Maio e i licenziamenti, ma su questo tema a confermare il legame giungono le parole di Sabina Tondo, coordinatrice per la provincia di Lecce della Nidil Cigl, uno dei sindacati interinali: “I primi effetti del decreto Di Maio si cominciano a vedere sui lavoratori salentini e alla Comdata, il call center che nel tempo è diventata la più grande impresa della provincia per numero di occupati, quasi 200 lavoratori hanno ricevuto comunicazione del mancato rinnovo del contratto di somministrazione in scadenza al 21 ottobre”.
Nello specifico, il mancato rinnovo pare si giustifichi sulla base delle novità in merito al cumulo fra contratti a termine sottoscritti direttamente dall’azienda e personale assunto in somministrazione. In particolare si tratta delle modifiche apportate dalla norma voluta dal leader grillino all’articolo 31 del decreto legislativo 81 del 2015, uno dei cardini del Jobs Act. “Il numero dei lavoratori assunti con un contratto a tempo determinato ovvero con contratto di somministrazione a tempo determinato, non può eccedere complessivamente il 30 per cento dei dipendenti a tempo indeterminato, in forza presso l’utilizzatore”, recita la norma. E con queste condizioni Comdata si è trovata a non poter assumere i 200 dipendenti, ma nemmeno a poter rinnovare i loro contratti a tempo determinato. Unica soluzione: l’interruzione del rapporto di lavoro.
Non sembra nemmeno esserci la possibilità che questi licenziamenti di fatto diano origine a nuove assunzioni. “Nelle intenzioni del governo il limite ai rinnovi dei contratti precari”, spiega ancora la sindacalista Tondo, “avrebbe dovuto incentivare il ricorso al tempo indeterminato. In realtà l’effetto ottenuto è l’opposto”. Il risultato del Decreto Di Maio, dunque, sembra essere per il momento quello di creare meno lavoro, paradossalmente.
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