18 Dicembre 2018 - 13:58

Donald Trump vs Federal Reserve: prossima fermata, le banche

dazi

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump è tornato ad attaccare le banche. Mercoledì, infatti, si potrebbero alzare nuovamente i tassi d’interesse

Donald Trump e la Federal Reserve nuovamente contro. Non è la prima volta che succede, e qualcuno scommette a ragion veduta che non sarà l’ultima. Mercoledì, infatti, si prevede una tempesta di larghe portate, che il tycoon non vorrebbe minimamente conoscere. E la colpevole di tutto, a suo dire, è la Federal Reserve.

Tramite un post su Twitter, Donald Trump ha scritto: “È incredibile che con un dollaro molto forte e praticamente senza inflazione, con il mondo esterno che esplode intorno a noi, con Parigi che sta bruciando e con la Cina in calo, la Fed stia addirittura considerando un altro aumento dei tassi di interesse.

L’attacco del leader USA è solamente l’ultimo di una lunga serie, che ha ingaggiato una vera e propria battaglia a distanza con la politica monetaria voluta dalla Federal Reserve. Tradizionalmente, i presidenti degli Stati Uniti non hanno mai voluto influenzare la politica monetaria e hanno sempre evitato di entrare a gamba tesa sul tema dei tassi d’interesse.

Dunque, a questo punto, è lecito chiedersi perché il presidente ha voluto effettivamente mettersi contro dei colossi di questa portata. Secondo molti osservatori, infatti, il suo gesto avrà più risultati negativi che positivi. Tutta colpa dei mercati e della loro pervasività estrema nei confronti della politica globale.

Il rialzo dei tassi… e del consenso

L’attacco di Donald Trump pone l’America in una posizione alquanto scomoda. Infatti, le sue dichiarazioni non fanno altro che rendere ancora più “obbligato” il rialzo dei tassi d’interesse. Se la Fed facesse marcia indietro, sostanzialmente darebbe l’avallo a una mancata indipendenza della banca centrale rispetto alla politica.

Adesso però il rialzo è dato quasi per scontato. E si guarda al 2019 con occhi molto più paurosi rispetto a quanto si poteva fare prima. Il punto è che, nella logica politica di Donald Trump, probabilmente il confronto a distanza con le banche potrebbe far sì perdere agli USA un contenzioso economico, ma potrebbe giovare allo stesso presidente.

A pensarci bene, è la stessa cosa che sta facendo Matteo Salvini in Italia. Crearsi più nemici comuni su più fronti, convincere, tramite una comunicazione efficace, che non è della politica che i cittadini devono preoccuparsi. Così facendo, si crea una strategia del consenso molto più forte, in grado di innalzare ulteriormente il livello d’approvazione da parte della popolazione americana.

Nel frattempo, però, il vero motivo per cui la Federal Reserve si è messa “di traverso” al “povero” tycoon non è un contenzioso personale. Infatti, è ben risaputo che le Borse stanno fortemente risentendo della politica economica americana, basata sulle guerre commerciali con la Cina (vero disastro) e sulle tensioni geopolitiche con il Medio Oriente.

La Cina, infatti, sta mostrando segni di cedimento, con il tasso di produzione industriale più basso degli ultimi tre anni. Segno che, da un certo punto di vista, la guerra dialettica americana non è poi tanto insensata, ed i dazi alla fine a qualcosa son serviti. Ma da un altro punto di vista, ciò garantisce un’insicurezza del mercato import/export, in un momento chiave in cui la Cina è il maggiore Paese interessato.

La partita è ancora tutta da giocare. Questo è solo l’inizio.