2 Luglio 2018 - 13:21

Europa, possibilità e comunità di destino

erasmus+

A Castelvetere sul Calore la conferenza di presentazione del progetto Erasmus+ “Come Here”, Castelvetere sul Calore (Avellino), 30 giugno 2018

di Emilia Moccia

Possibilità. È questa la parola che si è più sentita risuonare nella sala “Fiorentino Sullo”, situata nel meraviglioso borgo medievale irpino, dove si è tenuta la conferenza di presentazione di “Come Here”, progetto di scambio culturale finanziato dal programma europeo Erasmus+ e promosso dalla locale Associazione culturale “La Ripa”.

Numeroso il pubblico accorso, cittadini del posto e delle aree contigue, rappresentanti di amministrazioni politiche e associazioni della provincia. Dopo i saluti iniziali della presidente dell’associazione organizzatrice del progetto, Ester Ferraro, e del sindaco del paese, Giovanni Remigio Romano, le parole di Roberto Sullo, giovanissimo membro dell’associazione che si è occupato delle lunghe fasi di progettazione, hanno permesso a tutto il pubblico di percepire la profonda e un po’ commossa soddisfazione di aver messo le proprie conoscenze a disposizione della propria comunità d’appartenenza. Nel suo intervento ha illustrato i dettagli relativi allo svolgimento del progetto: 9 mesi la durata totale dello scambio, 11 i giorni di scambio effettivo, molte le attività preliminari e successive ad esso, in particolare quelle di disseminazione attraverso i social network e la creazione di una rete con altre associazioni; tutto previsto secondo le linee guida del programma Erasmus+.

“Quando si sente parlare di una piccola realtà come la nostra nel mondo, è sempre un successo!” così ha esordito. Già, perché ospitare dieci ragazzi di nazionalità bulgara, per circa dieci giorni, in un paese che conta un migliaio di abitanti e poco più e che vive le problematiche che tutte le comunità rurali sono costrette ad affrontare quotidianamente, è davvero una grande possibilità. E ci hanno tenuto a precisarlo tutti i relatori intervenuti.

Il professor Gianluca Luise, docente di storia delle Istituzioni politiche europee presso l’Università Federico II di Napoli, nel suo intervento ha offerto una puntuale riflessione proprio sulle tante (e oggi, purtroppo in molti casi, le uniche), possibilità offerte dall’Unione Europea agli stati membri nei più svariati ambiti d’azione, che non aspettano altro che di essere colte, come dei treni che passano una volta sola, non solo dalle istituzioni politiche, ma anche da tutti quei singoli che decidono di investire competenze, tempo e dedizione per far crescere le proprie aziende, comunità, associazioni o altro. Il programma europeo Erasmus+, o pure il FEASR, Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale, come ha ampiamente cercato di dimostrare il professore, rientrano in questo lungo inventario di possibilità e rappresentano per le comunità rurali un’occasione per potenziarne la recente tendenza alla valorizzazione e invertirne quella crescente alla fuga, poiché mentre offrono i mezzi necessari a esaltare le bellezze naturali e artistiche e a conservare le tradizioni locali, forniscono anche occupazione ai giovani nei loro territori. È per questo, allora, che iniziative di una singola associazione, come questa che si è presentata, richiama a sé tutti i centri e le associazioni dei dintorni per mostrare loro le potenzialità che essa possiede e gli effetti che è in grado di generare sul contesto circostante.

Possibilità è comparsa poi, di nuovo, nel discorso appassionato di Antonio Argenziano, segretario generale della Gioventù Federalista Europea, questa volta, però, in riferimento a quella di creare nei giovani partecipanti allo scambio culturale un sentimento di cittadinanza europea che è di fatto uno degli obiettivi per cui l’Unione Europea si batte da sempre. “Chissà che i venti ragazzi alla fine dell’esperienza non possano sentirsi un po’ più europei!” aveva detto prima Luise e, non a caso su questa scia, il giovane federalista ha poi citato un passo della Storia d’Europa nel secolo decimonono di Benedetto Croce:

E a quel modo che, or sono settant’anni, un napoletano dell’antico Regno o un piemontese del Regno subalpino si fecero italiani non rinnegando l’esser loro anteriore ma innalzandolo e risolvendo in quel nuovo essere, così e francesi e tedeschi e italiani e tutti gli altri s’innalzeranno a europei e i loro pensieri indirizzeranno all’Europa e i loro cuori batteranno per lei come prima per le patrie più piccole, non dimenticate già ma meglio amate.”

Quell’ “innalzandolo” e “meglio amate” le ha pronunciate con più vigore ed è stato facile cogliere l’entusiasmo giovanile che animava chi leggeva.

Ringraziamenti finali e il convegno si è concluso. Ma la citazione è ancora lì, fissa nella mente, volteggia nelle strane pieghe del pensiero. È bello credere che nel corso di un progetto di questo genere la propria identità culturale si possa rafforzare cementandola con quella altrui. È bello sperare che al termine dello scambio, anche i cuori dei venti partecipanti possano battere davvero sulla stessa frequenza, quella europea. È bello confidare che l’esperienza potrà costituire sia per i partecipanti sia per tutti coloro che ne avranno sentito parlare, più o meno, la best practice da portare nelle proprie realtà per migliorarle.

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