Niccolò Fabi alla Feltrinelli di Napoli, la gallery di ZON
Martedì 3 maggio, alla Feltrinelli di Napoli si è tenuta la presentazione del nuovo Album di Niccolò Fabi, “Una somma di piccole cose” che ha attratto nello shop file chilometriche giunte per incontrare il cantautore romano
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Niccolò Fabi approdato alla Feltrinelli di Napoli, al punto vendita di piazza dei Martiri, ha trovato ad accoglierlo una folla in delirio, disposta a sopportare lunghe code per godere della compagnia, della voce e soprattutto della copia autografata dell’artista.
La massiccia affluenza pervenuta alla Feltrinelli è il sunto dell’inaspettato successo di “Una somma di piccole cose” ultima fatica di Niccolò Fabi e a sorpresa al gradino più alto delle classifiche di vendita, dopo ben 20 anni di carriera.
Introdotto dal giornalista de “La Repubblica”, Alfredo D’Agnese, Fabi ha indetto un’accurata quanto confidenziale conferenza vis a vis con fan ed esperti del settore della comunicazione.
“Un disco controcorrente, senza un preciso inizio ed una fine, un continuum di sensazioni e di emozioni intessute parola per parola tra le quattro mura di una casa di campagna” questa l’esegesi di “Una somma di piccole cose” spiegata da Niccolò Fabi al pubblico accorso, assorto in un irreale silenzio.
Il cantautore romano ha definito “Una somma di piccole cose” come “un disco credibile” fatto cioè con la consapevolezza di chi rema per oltre vent’anni verso una direzione ben precisa che ha come approdo preimpostato proprio quello del trionfo discografico. Dunque un lento traguardo preannunciato e sistematicamente costruito quello del cantante che ha voluto fornire la sua personale e dettagliata spiegazione al buon esito raggiunto dal disco:
“Questo disco e non i precedenti, forse perché questo è più chiaro” -e ha proseguito- “Non credo di essere ricorso ad un linguaggio diverso, ho parlato sempre degli stessi luoghi interni, delle stesse stanze. Però è vero che ho tolto a tutte queste storie, a questi punti di vista tutte le possibili distrazioni che possono essere: quelle sonore, gli arrangiamenti, talvolta valori aggiunti, ma comunque “materiali ingombranti”. Ho sempre avuto la netta sensazione che la mia caratteristica artistica fosse quella del coraggio, della predisposizione, dell’incoscienza di andare a raccontare alcune cose che fanno un po’ paura. Quindi, per rendere tutto questo più potente, avevo bisogno proprio di schiaffare le parole alle persone, così, senza pelli. Ho pensato che il mio registro, per così dire un po’ “mielosetto”, che ha sempre teso al sentimentalismo, se spogliato e crudo può arrivare davvero a tutti. E l’attracco del disco ne è una prova”.
Uno dei punti più alti della presentazione è stato, senza dubbio, quello riservato alla “fabbricazione” delle canzoni, capitolo estrapolato dal lungo dialogo tra Fabi e D’Agnese. Alla domanda del giornalista, relativa alla genesi dei testi di Fabi, il cantante ha dato una esauriente quanto interessante interpretazione:
“Basta spingere play per capire come sono nate le mie canzoni. Sono appunti che uno prende per non dimenticare, questa è di solito prima frase. La seconda più professionale è quella “del farla bene” che molto spesso coincide con la fase calante della produzione di un disco, poiché con gli accorgimenti tecnici si perde quella primordiale e approcciale impressione che appartiene al primissimo impatto col pezzo. Volevo invece che qui non si perdesse quella sorpresa tipica di ogni cantante al primo ascolto della propria voce e dei propri testi. D’altronde, l’imprecisione è bellezza e l’insicurezza è il massimo grado di empatia con l’altro”.
Il brano che meglio esemplifica la scolastica descrizione dell’artista è Vince chi molla, così commentato da Niccolò Fabi:
“Vince chi molla è l’unica canzone registrata di notte in questa casa di campagna dove stavo e poi di giorno tornavo a Roma. Le parole le ho scritte a raffica, mi sono seduto a pianoforte e come poche volte capita le note sono venute giù da sole. Riascoltata la registrazione il giorno dopo mi ha messo paura, perché ho sentito una voce che non avevo mai sentito prima e mi sono detto che più che una canzone era un testamento ed ho deciso di lasciarla da parte. Però era unica, l’unico modo di rimetterla nel disco era quella di ridarle un secondo tocco”.
Intesa tutta la serie di implicazioni professionali e fatue che hanno prodotto il consenso di “Una somma di piccole cose” e dopo aver analizzato i natali dei testi più significativi, Fabi si è soffermato sul racconto di uno stile innovativo che ha tentato di inserire all’interno dell’Album e a quanto pare percepito positivamente dal pubblico, :
“Quello che sto provando a fare non è una cosa usualissima in Italia dove c’è un cantautorato autorevole con parole soppesate , poetiche e con una pesantezza che la lingua italiana per la sua aulicità amplifica. Mentre c’è un modo di scrivere le melodie, di cantare e di suddividere metricamente tipico di un folk della West coast degli anni 60’ californiana. Gli americani hanno in sé più leggerezza non hanno lo stesso spirito critico che abbiamo noi che talvolta gli fa fare porcate, ma anche genialate. Io provo a mettere insieme una musica con parole significative, ma prive di quell’autorità che impedisca di sognare. La mia voce è esile, sottile, mi piace il falsetto, la mia voce se prende il riverbero come un gabbiano ti fa volare verso una dimensione onirica. Ascoltare dimenticando il volto e il nome di chi canta ed è il massimo traguardo che potrei pretendere da questo disco. Vorrei che venisse usato da ognuno di voi per iniziare dei percorsi personali. Vorrei che li usaste per fare un viaggio vostro e non mio”.
Anche di noi di Zon.it abbiamo rivolto una domanda a Niccolò Fabi, in riferimento al 1° estratto del CD, ovvero Ha perso la città:
IN HA PERSO LA CITTA‘, ALDILA’ DI UNA BELLISSIMA ANALISI SOCIOLOGICA APPLICATA AL FRENETICO COMPLESSO URBANO, TE LA SENTI DI DIRE CHE C’E’ STATA UNA CITTA’ IN PARTICOLARE ALLA QUALE HAI PENSATO O CHE TI HA ISPIRATO?
Non volontariamente, anche se la città che più frequento è Roma e quindi mi rendo conto che inevitabilmente alcune immagini del testo sono più legate alla mia città, come le parole “Palazzinari” piuttosto che “Le strade consolari” non sono certo elementi che ritrovi per esempio a Pistoia. Tutto sta nel disegno di un modo di vivere la metropoli, che lo puoi trovare a Napoli, Milano, Torino e anche all’estero. Una considerazione che ho fatto ad esempio la settimana scorsa è quanto sia cambiata Milano dopo Expo, ci riflettevo mentre ero in uno di quei palazzi “grattaceleschi”– scusate il gioco architettonico brunelleschiano di parole- l’affaccio di questo albergo era sulla stazione di Porta Garibaldi che sorge in questo quartiere ricostruito da poco ed offriva un paesaggio che poteva essere veramente Hong Kong, Detroit. Aveva una pericolosa somiglianza, quasi fosse omologazione di quello che intendiamo per metropoli. Quindi valgono entrambe le cose: Ha perso la città, dovrebbe essere la descrizione di una giornata tipo di una grande metropoli, e siccome la mia città è Roma ed è capitale e simbolo religioso e politico dell’Italia, quasi un archetipo, è anche quello. Roma è così è eterna, una metropoli eterna.
“Una somma di piccole cose” non è solo il titolo che segna l’accesso d’onore di un album, all’interno dell’Olimpo discografico che conta, ma è soprattutto quanto avvenuto alla Feltrinelli di piazza de Martiri, ieri 3 maggio: un artista, il suo pubblico e le parole, senza contare l’intervento della musica.
Un calice di elementi già editi, un mix perfetto di artefatto e gusto che ha reso unico questo evento targato Feltrinelli, nel segno di Niccolò Fabi, una delle firme più brillanti del recente cantautorato italiano.
Ecco la gallery dell’Evento:
FOTO A CURA DI ANTONELLA ESPOSITO
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