21 Ottobre 2017 - 14:01

François Truffaut, il sogno di un adolescente regista

François Truffaut, il sogno di un adolescente regista

Il 21 ottobre 1984 moriva François Truffaut: una vita dedita fin dall’adolescenza al Cinema, dalla smodata passione alle recensioni sui Cahiers du Cinema, da I quattrocento colpi alla riscoperta di Hitchcock. #AccadeOggi

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François Truffaut (Parigi, 6 febbraio 1932 – Neuilly-sur-Seine, 21 ottobre 1984) è stato un’importante protagonista (regista, sceneggiatore, produttore e critico) del cinema francese degli anni sessanta e settanta, anni in cui, con Jean-Luc Godard, Claude Chabrol, Éric Rohmer e Jacques Rivette, diede vita ad una nuova corrente cinematografica, la Nouvelle Vague – letteralmente “nuova ondata”influenzata dal precedente del Neorealismo italiano.

François Truffaut, il sogno di un adolescente registaFilm manifesto della Nouvelle Vague fu, nel 1959, I quattrocento colpi, un inno alla libertà e all’infanzia, la cui poesia viene interrotta dall’esperienza coercitiva del riformatorio. Tra successo di critica e pubblico, il film ottenne il premio come miglior regia al Festival di Cannes.

I quattrocento colpi è la storia di una travagliata adolescenza, quella di Antoine Doinel, incentrata a sua volta sulla vita dello stesso Truffaut e girata nel quartiere in cui era nato. La nascita di Truffaut avvenne fuori dal matrimonio e suo padre non lo riconobbe: fu il patrigno a dargli il suo cognome.

François Truffaut, il sogno di un adolescente registaFiglio unico, da ragazzino visse più con i nonni che con i genitori, incapaci di esserlo e insensibili al suo essere taciturno e ribelle: inevitabilmente oppresso da un rapporto familiare instabile, Truffaut si sentiva relegato all’infelicità e alla marginalità.

Beh, mento… Mento ogni tanto, si… spesso. Se dicevo la verità non mi credevano! (Antoine Doinel)

A salvare il futuro regista fu solo l’amore smoderato per il Cinema, per cui marinava e abbandonò la scuola a 14 anni, arrivando a  rubare per finanziare un cineclub da lui fondato, Le cercle Cinémane. Finito in riformatorio fu il critico André Bazin a “riabilitarlo”, affidandogli le prime critiche cinematografiche su Les Cahiers du Cinema.

“Un uomo si forma tra i sette e i sedici anni. Poi vivrà di tutto ciò che ha assimilato tra queste due età”. (François Truffaut)

Nel grigiore quotidiano di un’adolescenza macchiata, c’è l’espressione privata che mescola il dolore del regista a quello del suo attore feticcio (Jean-Pierre Léaud/Antoine Doinel) in una forma senza filtri, che ricorda da vicino il cinema di Rossellini.

Così, in I quattrocento colpiAntoine Doinel mostra al Cinema lo sguardo struggente di un bambino costretto a crescere troppo in fretta e che ritroviamo, nella scena finale, nel disincanto della fase iniziatica alla vita adulta, quando il mare blocca la sua corsa spericolata verso la libertà di adolescente sognatore.

“Hai risposto bene?” (Julien Doinel)

“Non mi hanno interrogato”. (Antoine Doinel)

“Dovevi chiederlo tu, farti notare. Questo è il segreto del successo: nella vita bisogna sempre avere iniziativa”. (Julien Doinel)  

François Truffaut, il sogno di un adolescente registaTruffaut provinò lo sconosciuto tredicenne Jean-Pierre Léaud, e da allora nacque una stretta e duratura collaborazione, che portò alla realizzazione de Il ciclo di Antoine Doinel: mentre realizzava alcuni dei suoi capolavori, come Effetto notte (che vinse l’Oscar come Miglior Film Straniero nel 1973), Truffaut elaborava il percorso di crescita di Antoine Doinel, in L’amore a vent’anni (1962), Baci rubati (1968) e L’amore fugge (1979).

Contemporaneamente pubblicò numerosi libri, spesso dedicati ai maestri del cinema: tra tutti, Alfred Hitchcock. Infatti François Truffaut, insieme a Claude Chabrol, ridiede valore alla sua opera in Europa.

François Truffaut, il sogno di un adolescente registaIl Cinema secondo Hitchcock (1966) è una lunga intervista, o meglio un dialogo tra il giovane regista e il maestro della suspense. Questo libro funge da trattato analitico sulla filmografia del regista inglese, evidenziandone l’approccio rappresentativo alla violenza come se fosse una scena d’amore e viceversa; la scelta delle protagoniste sempre bionde e sofisticate e la repulsione per attrici come Brigitte Bardot e Marilyn Monroe, che, per usare le parole di Truffaut, “avevano il sesso stampato sulla faccia”; l’attenzione per la narrazione visiva, le innovazioni tecniche, i particolari della sceneggiatura ed anche alcuni riscontrati difetti.

Emergeva il ritratto di un uomo fragile, celato dall’ostentato cinismo, tanto che Truffaut definì Hitchcock come “un personaggio alla Henry James, pieno di frustrazioni”.

Finalmente domenica (1983) è l’ultimo film girato da François Truffaut, epilogo di una vita intensa dedita al cinema. Morì, l’anno dopo, per un tumore al cervello.

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