I nostri oceani, di cui oggi si celebra la giornata mondiale, sono malati. Il morbo che li affligge ha un nome tanto semplice quanto è difficile da estirpare: la plastica.
Le stime più recenti, sono tutt’altro che confortanti: circa l’80% dei rifiuti in plastica che produciamo finiscono in mare, siano essi macroplastiche, per esempio gli oggetti monouso, o microplastiche, rifiuti provenienti dall’erosione di tessuti, pneumatici o, addirittura, lavori edili.
Per provare a limitare l’afflusso di plastica negli oceani, a Maggio scorso il governo italiano ha approvato la legge Salvamare. Essa prevede, tra le altre cose, la possibilità per i pescatori di portare a riva i rifiuti che intercettano in mare, il reato di trasporto illecito di rifiuti in questa fattispecie è caduto, e l’installazione di barriere antiplastica alla foce dei fiumi. Ma della Salvamare mancano ancora i decreti attuativi.
Cosa possiamo fare noi nel frattempo attraverso i nostri comportamenti quotidiani? Ridurre l’utilizzo della plastica monouso, per esempio, sarebbe già un primo e decisivo passo. Potremmo poi pensare di cambiare più spesso gli pneumatici della nostra auto, per evitare che si erodano e diventino microplastiche, o inserire nella nostra lavatrice – per lo stesso motivo – un filtro che limiti la dispersione delle fibre dei tessuti durante il lavaggio.
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