Gli anni più belli: la coralità finalmente asciutta di Muccino
E’ uscito giovedì 13 Febbraio 2020, “Gli anni più belli” di Gabriele Muccino. Il regista traccia un affresco corale sullo sfondo della storia dell’Italia
Guardando al suo ultimo film, in cui lamentavo una declinazione poco equilibrata del concetto di “coralità” (“A casa tutti bene”), sembra che con questo “Gli anni più belli”, in sala dallo scorso 13 Febbraio, Gabriele Muccino abbia imparato la lezione: il film è una storia umana a quattro voci, che per le “ammucchiate” a cui ci ha spesso abituato il regista romano sono già un record di sintesi, che ha come sfondo la grande Storia: quella dei cambianti sociali, politici e culturali che il nostro Paese ha attraversato in quarant’anni.
“Gli anni più belli” è dunque sì una storia corale, ma il regista concede il giusto spazio ad ogni protagonista che di volta in volta, tramite l’uso ripetuto del camera look dà la propria versione della storia, il proprio punto di vista, la condisce di sentimenti che possono essere suoi e di nessun altro. Gli ingredienti sono quelli cari a Muccino: un microcosmo sociale ben consolidato, nella fattispecie l’amicizia tra Paolo, Riccardo e Giulio viene messo in crisi dall’introduzione di un elemento di disturbo, che instilla un sistema di tradimenti e redenzioni, cadute e risalite, sogni che impattano crudelmente con l’arida realtà,che poi sono dinamiche che animano la vita stessa.
E questo elemento disturbante è rappresentato da Gemma a cui dà il volto una Micaela Ramazzotti all’esordio davanti alla macchina da presa di Muccino ma che resta una certezza nei ruoli tormentati: la sua Gemma ha fame d’amore, fame di essere riconosciuta, vista e non solo guardata da lontano. E finchè non lo trova, l’amore, si sazia ricorrendo alla sporadicità di rapporti che la svuotano e le fanno sbiadire il futuro davanti agli occhi.
I tre protagonisti maschili de “Gli anni più belli”, instaurano con Gemma rapporti molto diversi: per Paolo la donna è come una musa, colei che alimenta il suo logorio interiore; per Giulio, Gemma rappresenta esclusivamente un gradino della sua scalata sociale, quella che si è meritato, quella che si è sudato, dice lui. Riccardo è l’unico che invece sembra non aver subìto il fascino della femme fatale, ed è anche il solo che ti faccia credere, almeno fino ad un certo punto del film, di avere la vita più normale.
Emma
Ma non è così: la sua vita con Anna, inizialmente sembra viaggiare su binari tranquilli, ma ad un certo punto, la smania con cui corre dietro ai suoi sogni, la furia contro cui combatte i mulini a vento, gli faranno perdere di vista le cose più importanti. E tra queste c’è appunto Anna una Emma Marrone che, all’esordio come attrice, dimostra tutto il suo essere acerba davanti alla macchina da presa, specie per quanto riguarda la tenuta del personaggio e il saper calibrare con costanza la sua energia.
Il tempo
Riccardo (Claudio Santamaria), Paolo (Kim Rossi Stuart) e Giulio (Pierfrancesco Favino) sono poi tre espressioni del tempo: Riccardo è il futuro, quello che tarda ad arrivare, quello che si scontra con la quotidiana progettualità fatta di affitti e bollette, Paolo è il presente, il continuo lavorare su qualcosa da ottenere qui ed ora (la cattedra fissa), mentre Giulio è il passato: quello da cui vieni e che è suicida pensare di dimenticare.
Mettendo in primo piano la storia della piccola umanità, “Gli anni più belli” non rinuncia a tracciare un affresco di citazioni degli eventi più caldi dei Nostri ultimi quarant’anni: dalla caduta del muro di Berlino, alla discesa in campo di Silvio Berlusconi, dall’attentato alle Torri Gemelle, alla nascita del Movimento Cinque Stelle.
Il rapporto con gli altri film di Muccino
Ne “Gli anni più belli”, mi sembra di aver visto a più riprese echeggiare il Muccino de “L’ultimo Bacio”, per l’ansia di futuro che permea le azioni dei protagonisti, e per il rintracciare nella festa il microcosmo dal quale deflagra la crisi.
Nel film del 2001 Carlo (Stefano Accorsi) conosce Francesca (Martina Stella), colei che metterà in crisi il suo menage con Giulia (Giovanna Mezzogiorno) alla festa di matrimonio del suo amico Paolo, così come ne “Gli anni più belli”, il triangolo Paolo-Gemma-Giulio arriva ad un punto di non ritorno nel corso della festa di matrimonio hippie tra Riccardo ed Anna.
Il parallelismo tra i due film è ancora più forte se consideriamo che, tra gli altri protagonisti, c’erano (già) Claudio Santamaria e Pierfrancesco Favino.
A proposito di “ritorni” davanti alla macchina da presa di Gabriele Muccino, segnaliamo quello di Nicoletta Romanoff (già in Ricordati di me). Se lì, però, il finale ci faceva capire come l’errore sia spesso qualcosa di cui ci facciamo scudo, come reiterarlo abbia un fascino inspiegabile, le ultime sequenze de “Gli anni più belli” sono foriere di buone intenzioni: c’è sempre tempo per ripartire, e se non per riparare agli errori,almeno per imparare da essi.
ARTICOLO PRECEDENTE
ARTICOLO SUCCESSIVO
Iran, le elezioni per il rinnovo del Parlamento sono scialbe