Il periodo di trattative più lungo della storia della Repubblica si è concluso. Il Governo c’è, così come vi sono anche vincitori e vinti
“Habemus Papa” griderebbero, se fossimo a
Piazza S. Giovanni. Ma, a questo punto, meglio riarrangiare il grido così:
“Habemus Governum”. Dopo le campagne elettorali che son servite da antipasto, dopo gli infiniti giri di consultazioni, finalmente ci siamo: la
Terza Repubblica è ufficialmente
nata. Il
Governo c’è. E questa procedura è costata ben
due mesi di operato, che ha lasciato l’Italia allo sbando. Il colpevole principale, manco a dirlo, esiste ed è stato
“punito”, in qualche modo. Ma di questo ne parleremo più avanti. Anche in questo caso, come in tutte le “partite” che si rispettino, ci sono
vincitori e vinti. Alcuni di loro sono palesi, altri invece restano nascosti nell’anonimato, sperando che nessuno li noti. Restano a
tramare nell’ombra, nella speranza di “cavare qualcosa dal buco”. Ovviamente, parlando di Governo, è facile intuire che stiamo parlando di
Movimento 5 Stelle, Lega, Partito Democratico e
Forza Italia. Ma non è finita qui, perché nel marasma governativo si insinuano anche altre due forze inaspettate:
Fratelli D’Italia e (udite udite) il presidente della Repubblica,
Sergio Mattarella. Il perché ve lo spieghiamo subito.
Le strategie dei vincitori
Partiamo subito dalla componente più forte: quella composta dai vincitori. Movimento 5 Stelle e Lega hanno
sbaragliato la concorrenza, facendo registrare un progresso incredibile rispetto alle ultime elezioni. Il primo è passato dal 21% dei voti al
32,8 delle politiche del
4 Marzo, evidenziando un balzo straordinario. Ma ancor più incredibile è il balzo compiuto dalla Lega, dal
6% delle Europee al
17% recente. Come hanno fatto, queste due forze a matrice populista, a scavalcare ogni confine e diventare le due forze più influenti del panorama politico italiano? La risposta è molto semplice:
hanno abbandonato la politica tradizionale. Gli italiani sono stanchi di sentir predicare sempre
gli stessi soggetti da 25 anni a questa parte, sono stanchi di sentir parlare di
“spread”, di
economia e di cose
intangibili. Questa cosa, il centrosinistra sembra non averla assolutamente capita (o almeno, una parte del centrosinistra, ovvero quella
renziana). Da una parte si sono evoluti e hanno dato spazio alla
tecnologia in politica (la piattaforma
Rousseau del Movimento 5 Stelle ne è un esempio), dall’altra sono scesi nuovamente in piazza, tra la gente, con toni
provocatori tali da convincere sempre di più il proprio pubblico (in questo,
Salvini è stato
un maestro). Risultato? Il Governo, ora, è
di proprietà loro. E probabilmente lo sarà ancora per molto, se dall’altro lato non si danno una mossa.
I casi particolari: Fratelli D’Italia e il presidente Mattarella
Oltre ai vincitori e ai vinti, vi sono poi due casi che hanno sostanzialmente
spaccato l’Italia a metà. Stiamo parlando di
Fratelli D’Italia e del presidente della Repubblica,
Sergio Mattarella. Andiamo con ordine. Il partito di
Giorgia Meloni, alla fine, nel Governo non ci sarà, ma garantirà comunque
un importante apporto alla causa di Lega e 5 Stelle tramite
l’astensione. Ovviamente, di facciata, la stessa leader dichiara di voler far di tutto, pur di far partire la legislatura, ma la verità non è questa. Semplicemente, la Meloni sa benissimo che, opponendosi al Governo M5S-Lega, si opporrebbe fondamentalmente alla
volontà degli italiani. E cosa è più importante per un partito come Fratelli D’Italia, fortemente identitario, se non
gli italiani stessi? Ecco spiegato ora il ruolo importante di un movimento che, fino a pochi giorni fa, non è che contasse poi tanto all’interno delle dinamiche politiche (si aggirava intorno al 4% alle scorse politiche).
Senza infamia né lode, dunque. Passiamo poi al nostro benemerito PDR, ovvero
Sergio Mattarella. Qui la faccenda si fa molto complicata, soprattutto per quanto riguarda gli ultimi avvenimenti. Da un lato, si può pienamente affermare che quanto tentato dal Presidente è stato
legittimo, come scritto anche dalla Costituzione, quindi le critiche a livello istituzionale son davvero
squallide e pittoresche. Dall’altra, però, politicamente
la strategia non è stata proprio delle migliori. Se non si fosse risolta la situazione si sarebbe andati a nuove elezioni. E a stravincere sarebbero state Lega e 5 Stelle, mossi sempre da quella “protesta” che fa parte del loro DNA. Di questo, però, Mattarella se n’è subito reso conto, e come una sorta di
“auto-punizione” (quella di cui parlavamo prima) ha ovviato alla situazione.
E i perdenti?
Passiamo alle note dolenti:
Partito Democratico e
Forza Italia. Se avete intenzione di far fallire un’impresa in poco meno di
quattro anni, chiamate
Matteo Renzi. Lui riuscirebbe a far fallire anche la
Goldman-Sachs. Il passo che il partito ha compiuto dalle Europee al 4 Marzo è stato un
lancio in picchiata. Il PD ha raccolto il suo peggior risultato nella storia politica: un misero
18%. Ciò ha portato alle dimissioni di Renzi, ma non lo ha frenato (purtroppo). L’ego dell’ex sindaco fiorentino è troppo smisurato per farsi da parte. Non si rende minimamente conto che gli italiani, ormai, lo vedono come una sorta di
“burattino” nelle mani delle banche e dell’Europa stessa. Sembra che il nuovo segretario,
Maurizio Martina, abbia un po’ risollevato le sorti del partito, ma ad oggi il PD è una vera e propria
polveriera. Tutto grazie al “saccente” fiorentino, che preferisce parlare di spread invece di scendere in piazza con gli operai. Capitolo a parte merita
Forza Italia. Qui parliamo del declino di un vero e proprio
impero, che ha ammaliato (con le televisioni) gli occhi degli italiani per oltre un ventennio, e che ora (vuoi per vecchiaia, vuoi per inadeguatezza) si trova costretto a cedere il passo.
Silvio Berlusconi è crollato. Il suo impero di centrodestra non esiste più, il nuovo proprietario è un uomo di 45 anni con la barbetta che prima lo ha affiancato, lo ha sfiancato e ne ha preso il posto.
Il vento, ormai, è cambiato. E Silvio non può far altro che restare a guardare. Un passaggio del testimone, lo definirebbe lui.
La fine di un’era, in modo più aspro, lo definiremmo noi.