Hikikomori, quando la dipendenza da smartphone diventa una malattia

Un fenomeno relativamente nuovo, quello dell’Hikikomori. Una sindrome che colpisce adolescenti in tutto il mondo e che li porta ad isolarsi

A partire dagli inizi del nuovo millennio, in Giappone è stata studiato un particolare fenomeno che colpisce gli adolescenti: la sindrome dell’Hikikomori. Il termine significa letteralmente “stare in disparte“. Infatti, i giovani che ne soffrono tendono ad isolarsi completamente dal mondo esterno, rifugiandosi nell’utilizzo del loro smartphone da cui diventano dipendenti. Da ciò deriva il termine nomofobia, “no-mobile-phone fobia”. Si tratta di un fenomeno iniziato in Giappone ma che pian piano si sta diffondendo in America ed in Europa e colpisce principalmente i maschi (la percentuale di ragazze Hikikomori è, tuttavia, in forte crescita). Si definisce Hikikomori, un soggetto che non lascia la sua stanza per almeno 6 mesi. Molto spesso capita che i ragazzi affetti non siano social addicted, ma preferiscano guardare manga o serie tv, girare per la stanza ed oziare tutto il giorno, nell’incapacità totale di affrontare la vita.

Cause e segni

Sebbene le cause non siano ben chiare e siano frutto di una condizione psichica preesistente, è possibile ricavare alcuni punti cardine del fenomeno. I soggetti affetti da sindrome da Hikikomori provengono per lo più da un ceto medio-alto. La pressione sociale esercitata dalla società giapponese, le necessità di auto-realizzarsi, potrebbero essere delle cause importanti. Una bassa autostima e la difficoltà ad omologarsi, infatti, possono portare un soggetto debole ad isolarsi. Verrà preferito il cellulare al confronto sociale.

Il rapporto con i genitori

Un’altra causa è da ricondursi al rapporto con i genitori. Nella maggior parte dei casi, la figura paterna risulta assente e, al contrario, il rapporto con la madre è morboso. Le eccessive cure e preoccupazioni materne, impediscono al bambino e al ragazzo di imparare a vivere all’interno di una società. Anche in questo caso, quindi, i soggetti si rifugeranno nel luogo sicuro. La cameretta, infatti, spesso non viene lasciata neanche per lavarsi, ed il cibo viene loro lasciato davanti alla porta. Alcuni lasciano la loro stanza una volta al giorno o una volta a settimana per rifornirsi di cibi già pronti.

Cura

Esistono due tipi di approccio alla sindrome: il primo consiste in una terapia medico-psichiatrica, in cui il soggetto viene trattato con la psicoterapia e con l’assunzione di psicofarmaci. Il secondo approccio, probabilmente utile nei casi meno gravi o dopo la prima fase di cura farmacologica, consiste nella risocializzazione.
Guido Isacco

Giornalista pubblicista iscritto all'Ordine dei Giornalisti-Sezione Campania. Appassionato di scienza, arte e attualità. Collaboratore presso ZON.it, per il quale cura principalmente la rubrica HealthZon.

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