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I am not okay with this: la serie Netflix dal finale esplosivo

I Am Not Okay with This è la nuova serie Netflix creata da Jonathan Entwistle, già regista di The End of the F***ing World. La recensione

I Am Not Okay with This, un titolo incisivo che campeggia su Netflix e che attrae per due motivi: rappresenta la serie creata da Jonathan Entwistle, già regista di The End of the F***ing World, e dai produttori di Stranger ThingsCome se ciò non bastasse, è tratta dal romanzo grafico di Charles Forsman, pubblicato in Italia da 001 Edizioni.

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La trama

Sydney si definisce una «una noiosa diciassettenne bianca». Frequenta il liceo e si divide tra i disagi personali, familiari e sessuali, amplificati dall’adolescenza.

La ragazza vive con sua madre, costretta a doppi turni per tirare avanti, ed il suo riccioluto fratellino Liam; ha un rapporto conflittuale con entrambi. L’assenza di suo padre è una groviglio di dolore irrisolto; l’uomo si sarebbe suicidato tempo prima, in un angusto scantinato, senza lasciare nemmeno una lettera. A complicare ulteriormente le cose, alcuni episodi inspiegabili che si verificano quando Sydney prova rabbia o paura: gli oggetti si sollevano, le luci tremano, le pareti si frantumano, il naso di chi le è di fronte sanguina.

Il Cast

La protagonista è la giovanissima Sophia Lillis, già nota per aver interpretato il ruolo di Beverly Marsh nel film It, adattamento del 2017 del romanzo di Stephen King. Nel cast, figurano anche Wyatt Oleff nei panni di Stanley Barber, lo strambo ma bonario vicino di casa di Syd, Sofia Bryant nei panni di Dina, la migliore amica di Syd, Kathleen Rose Perkins nei panni di Maggie, la madre di Syd e Liam.

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I Am Not Okay with This: carenze e punti di forza

Non vanno omessi alcuni accenni di mancata originalità. L’ambientazione anni ’80, ampiamente rivissuta in Stranger Things, inizia ad apparire ridonante; un fotogramma in particolare poi, onnipresente dalla prima puntata e brutale, ci rimanda a Carrie – Lo sguardo di Satana, film del 1976 con Brian De Palma in camera di regia.

Bisogna sottolineare anche un ritmo scorrevole (ogni puntata dura circa 20 minuti) ed una selezione musicale adatta a scandire il mood delle varie scene. La conclusione, anticipata ma mai svelata del tutto, esplode letteralmente tra le mani dello spettatore e culmina in un episodio splatter. E’ proprio negli ultimi minuti dell’ultima puntata che il semplice show teen si trasforma in qualcosa di più consistente. Una ipotetica seconda stagione, con queste premesse, diventa un appuntamento succulento.

Luciachiara Faiella

26 anni. Laureata in Filologia Moderna. Impegnata nel progetto CyberZone in collaborazione con Amesci che informa sui fenomeni di bullismo e cyberbullismo. Mi piacciono la cronaca rosa, i programmi leggeri, la musica cantautorale, le spiagge a settembre, i romanzi che non ti lasciano tregua, le serie tv che incollano allo schermo, le persone curiose, i cinema di periferia, la comunicazione sotto ogni aspetto.

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