I ragazzi de “il Faro”, il teatro e un insegnamento per la vita
Arrivo al Teatro “A. Giuffrè” di Battipaglia e mi avvicino alla presidentessa della Cooperativa sociale il Faro Onlus, dr.ssa Rita Battinelli
Nel salutarla, con quell’umiltà che sola può fare breccia nel cuore di tutti i ragazzi, “difficili e non, mi fa:<Premetto, non ti aspettare grandi cose. Sono ragazzi de il Faro che non hanno mai recitato prima di adesso>.
La conosco da poco, Rita, ma non da così poco per non sapere che alla fine della recita di A’ ricchezza ‘e papà, regia dell’istrionico Tommaso Lanaro, la sua soddisfazione sarà almeno pari alla bravura degli improvvisati attori.
Inizia lo spettacolo. Sulla sigla di Soldi, soldi, soldi di Betty Curtis, va in scena un caravanserraglio di aspettative legate ai gratta e vinci, ai biglietti di bancolotto, ai cinque più uno.
Una famiglia spiantata, sia pure più volte invitata al buon senso da alcune donne di casa, le tenta tutte pur di vincere un po’ di soldi che la affranchi finalmente dalla miseria dei tempi moderni. Eppure la povertà che attanaglia gli inconsapevoli interpreti è proprio l’egoismo che, di fronte a una vincita apparentemente concreta poi rivelatasi inesistente, rischia di mettere in crisi anche gli affetti più cari e consolidati.
Pericolo, questo della ludopatia, che da sempre la dott.ssa Battinelli, con la sua cooperativa sociale, cerca di scongiurare attraverso un’efficace azione di denuncia e di prevenzione.
A’ ricchezza ‘e papà è una commedia degli equivoci cucita addosso, con maestria degna di nota, ad ogni ragazzo de il Faro. E sì perchè, assistendo allo spettacolo, si ha l’impressione che ogni interprete, ogni attore che si è cimentato nella rappresentazione teatrale, non avrebbe potuto recitare un ruolo diverso da quello assegnatogli.
Con i giovani che si approcciano al suggestivo mondo del teatro, si bada soprattutto a valorizzarne i punti di forza. Stasera, invece, vi è stato di più: si è voluto, da parte del capace regista, massimamente “cullare” le debolezze dei ragazzi de il Faro.
A conti fatti, il merito di Tommaso, di Rita e delle collaboratrici (Alessia Buccino, Federica Rescigno e Jessica Russomando) che hanno avuto anche una piccola parte in scena, è stato proprio questo: “portare fuori”, in una sorta di meta-teatro, le difficoltà, le fragilità di alcuni ragazzi della cooperativa sociale, per rivestirle di forza e offrirle al pubblico. Allo stesso pubblico cioè che, calato il sipario, si sorprende ad avere imparato tanto proprio da chi presupponeva più debole.
E’ incredibile quanti frutti la debolezza dei bambini, se incanalata bene (e la cooperativa sociale il Faro Onlus è da anni che lo fa con risultati lusinghieri), riesca a portare a chi abbia appena la pazienza di “ascoltarla” e di riconoscerle piena cittadinanza.
Prima della calata del sipario e dei ringraziamenti di rito, c’è un attestato per ogni ragazzo che ha recitato in questa riuscita commedia (Benedetta Brignola, Alfredo e Aurora Cantalupo, Gioele Capobianco, Vincenzo Castagna, Gerardo Flagello, Mattia Garofalo, Vincenzo Granese, Martina e Noemi Greco, Gabiella Guzzi, Rosa Lanaro, Alessandro Naddeo, Federica Sergio, Emanuele e Marianna Sorrentino).
Aspetto Rita, la saluto. Lei non me lo confesserà mai, ma io so che stasera, un bambino che prima di questo spettacolo non riusciva quasi a spiaccicar parola, non solo ha svolto una parte in commedia, ma è stato anche l’unico che ha vinto (con il classico bancolotto) e ha salvato le sorti (economiche) dell’intera famiglia.
Vincitore nello spettacolo e vincitore nella realtà: magie del teatro e magie della vita.
Le cose migliori, si sa, sono quelle che riusciamo a fare quando veniamo messi in grado di spendere i nostri talenti. Sempre che, ovviamente, abbiamo la fortuna, questa sì davvero tale, di trovare qualcuno che creda in noi. E il bambino di cui sopra ne ha trovato anche più di uno, di uomini e di donne, disposte a offrirgli una possibilità di riscatto.
Per tutto il resto, c’è la fantasmagoria della rappresentazione teatrale.
P.s. Ah, dimenticavo, l’unica cosa di davvero “debole” nello spettacolo, è il tavolo che a un certo punto si è accasciato e non ne ha voluto più sapere di assolvere la sua funzione.
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