2 Settembre 2018 - 18:13

Tra Carta E Pixel: Il Curioso Caso Di Benjamin Button e i dubbi esistenziali

Il Curioso Caso Di Benjamin Button

Nel quarto appuntamento con Tra Carta E Pixel, analizzeremo la trasposizione cinematografica de Il Curioso Caso Di Benjamin Button

Siamo arrivati al quarto appuntamento con la rubrica Tra Carta E Pixel. Un percorso che ci porterà a scoprire le trasposizioni cinematografiche più strane, prese da libri semi-sconosciuti. Questa volta tratteremo un autore molto particolare ma conosciutissimo: il signor Francis Scott Fitzgerald.

Naturalmente il nome è familiare. Stiamo parlando dell’autore forse principale (insieme ad Ernest Hemingway) della Lost Generation, sviluppatasi in America durante la Prima Guerra Mondiale. Celebre per i suoi temi sulla disperazione e sul disagio generazionale, dai suoi racconti e libri sono stati tratti tantissimi film.

Forse la sua opera più celebre resta Il Grande Gastby, del 1925, ma il panorama letterario donato da questo autore è vastissimo e, soprattutto, meraviglioso. In particolar modo per il cinema, che dalle sue opere ha tratto tantissime trasposizioni. Oggi parleremo di un’opera semi-sconosciuta di Fitzgerald, almeno finché David Fincher non ha deciso di riadattarla nel 2008. Ecco a voi Il Curioso Caso Di Benjamin Button.

La vita al contrario

Il Curioso Caso Di Benjamin Button è una novella scritta nel 1922, inclusa anche nei cosiddetti “Racconti Dell’Età Del Jazz”. La storia è ambientata nel 1860, anno di nascita del protagonista. Il bambino, però, nasce con una peculiarità: ha l’aspetto di un anziano, addirittura ultraottantenne.

Il padre nasconde a tutti l’accaduto, e cerca di curare in tutti i modi i suoi disturbi “da anziano”. Benjamin, però, al posto di crescere, con l’avanzare dell’età ringiovanisce, arrivando ad iscriversi all’Università di Yale con l’aspetto di un cinquantenne.

Naturalmente, con l’avanzare dell’età, si scontrerà anche con la moglie, a causa della sua dissoluta ricerca del piacere, rovinando il matrimonio e lasciando il figlio, Roscoe, in una situazione spiacevole.

Si trasferisce così in Italia per seguire il figlio, ma il figlio non lo riconosce, arrivando a chiamarlo “zio”. Nel mentre, lo scenario della Grande Guerra incombe, e Benjamin tenta di arruolarsi, salvo essere escluso per la corporatura troppo gracile.

Questo gli provoca la depressione, e lo porta a trascorrere i suoi ultimi anni da infante accudito dal figlio, fino a morire, poi, nello stato primordiale.

La riscrittura di Fincher

Il regista David Fincher ha voluto ispirarsi con assoluta libertà al romanzo dello scrittore statunitense. Il Curioso Caso Di Benjamin Button, dunque, viene attualizzato e ambientato nel 2003, anno in cui il protagonista, ormai neonato, muore.

Nonostante ciò, l’intento di fondo è comunque identico. Il film, come il libro, risulta un dramma profondamente esistenziale, sollevando veri e propri dubbi sullo scorrere del tempo e sul fatto che la vita è una, sia pur essa al contrario.

Il film colpisce però per il suo senso angosciante continuo, che nel libro non viene espresso a pieno, forse per lo stile di scrittura troppo melanconico di Fitzgerald. Una situazione che diventa inevitabile, di cui si conosce già l’esito, e nonostante ciò attira comunque lo spettatore.

Questo, soprattutto, è merito della sceneggiatura scritta da Eric Roth (premio Oscar con Forrest Gump, non uno qualunque) e da Robin Swicord (Piccole Donne, Memorie Di Una Geisha).

Le differenze

I punti differenti, come detto già prima, sono innumerevoli. Innanzitutto, la storia di Benjamin viene raccontata tramite il suo diario, che Daisy ha conservato per tutto il tempo. Questa parte, nel libro di Fitzgerald, è completamente assente.

Altra sequenza/licenza poetica presa da Fincher è la sequenza che riguarda Benjamin abbandonato in una casa di riposo. Il tutto, probabilmente, è finalizzato a dare quel tocco di tragicità alla vicenda, quel pizzico di pepe in più in grado di attirare gli spettatori.

Ma la cosa che più resta sconvolta rispetto al libro è la storia d’amore. D’accordo, si tratta comunque di un libro che tende al romanticismo, ma non in modo così asfissiante. Dunque, Fincher ci ha messo molto di suo, ha voluto arricchire un piatto già alquanto ricco.

 

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