Imma Tataranni-Sostituto Procuratore: archetipi seriali che crollano
In un mondo della fiction in divisa spudoratamente declinato al maschile, il sostituto procuratore di Matera Imma Tataranni rappresenta l’eccezione di cui avevamo bisogno
Si è conclusa ieri sera su Raiuno la prima stagione della fiction Imma Tataranni- Sostituto Procuratore.
Una serie, diretta da Francesco Amato, che rovescia alcuni degli apparentemente incrollabili archetipi di genere della nostra fiction in divisa: Imma è la prima donna protagonista di una fiction poliziesca italiana, destinata ad una posizione di comando presso la quale il telespettatore medio è stato da sempre abituato a vedere un uomo, ma non solo: in un contesto seriale in cui le donne sono al più sospettate di un omicidio, fonti silenziose o tentazioni alla fedeltà dell’eroe principale, anche le più strette collaboratrici di Imma sono donne: dalla cancelliera Diana (Barbara Ronchi) all’appuntato Jessica Matarazzo (Ester Pantano)
Imma poi ci piace perché è una di noi, è fragile quanto noi: dopo un paio di puntate in cui la vediamo incrollabilmente rendere giustizia all’epiteto di “sergente di Matera” che si è guadagnata, la terza apre uno squarcio definitivo sulla sua umanità: sentendosi responsabile del suicidio di un sospettato, la vediamo piangere per la prima volta e appoggiarsi (letteralmente) a suo marito Pietro (Massimiliano Gallo) che le regala la dichiarazione d’amore più bella.
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Il rovesciamento di cui parlavo prima, riguarda anche Pietro ed in generale i personaggi maschili di Imma Tataranni-Sostituto Procuratore: essi non possono far altro che adeguarsi alla forza propulsiva, subire il fascino della propria controparte femminile. E a proposito di personaggi che subiscono il fascino di questo sostituto procuratore vestita male e truccata peggio, non si può non menzionare l’appuntato, poi carabiniere, Ippazio Calogiuri (Alessio Lapice), per assurdo un altro punto a favore del nostro amore per Imma: perché lei è tutt’altro che infallibile, anche lei come noi ha le sue debolezze.
Uomo è anche il villain per eccellenza della serie, l’imprenditore senza scrupoli Saverio Romaniello che, a proposito di archetipi seriali che crollano, è interpretato da Cesare Bocci uno che, nei panni di Mimì Augello soprattutto, abbiamo sempre visto militare dalla parte giusta della sala interrogatori.
A far da sfondo a queste vicende, agrodolci come la vita, c’è la città di Matera: e la fiction diventa in alcuni frangenti un mini-saggio dell’identità (la serie si conclude nel contesto dell’iconica Festa della Bruna, ndr.) e della storia della Città dei Sassi e della regione tutta.
Una Regione che ha dovuto spesso lottare strenuamente per difendersi (si ricordi la questione rifiuti tossici a Scanzano Jonico) e che oggi grazie alla forza centripeta di Matera e il suo fascino cinematografico omaggiato nella prima puntata della fiction, con Giampaolo Morelli ospite che sembra strappato al set di “The Passion” di Mel Gibson, guadagna finalmente la ribalta internazionale che si merita.
Una terra al più arida di possibilità per i più giovani, che spesso se ne sentono staccati, avulsi “come piante tra i Sassi”, e cercano strade alternative per trovare il proprio posto nel mondo.
Ma la forza della fiction Imma Tataranni, tratta dai romanzi di Mariolina Venezia, è dare una seconda occasione a tutti, affiancare a personaggi di dubbia moralità altri che invece sono fulgidi esempi di una terra che ancora vuole farcela: si pensi a Don Mariano (Antonio Gerardi) la cui morte sconvolge Imma e la comunità, che si ritrova improvvisamente a fare a meno di uno dei suoi riferimenti.
Quello che poi mi è piaciuto di Imma (nell’interpretazione magistrale e prismatica di Vanessa Scalera) è che, sotto la superficie di un carattere duro e distante, non si dimostra mai del tutto estranea ai casi che è chiamata a risolvere, ogni caso è un pezzo della sua vita messo in discussione: così, l’omicidio di un adolescente diventa l’occasione per guardare sotto un’altra luce il suo rapporto con la figlia adolescente Valentina e la morte di un’ex compagna di liceo può spingere la nostra a riflettere sul proprio passato che, forse, non ha ancora finito di sorprenderla.
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