Immigrazione: il sonno della ragione genera mostri
L’immigrazione ravviva l’animo “neo razzista” del “cittadino italico”. Dopo Gorino, anche Milano coinvolta in proteste simili. La “rivolta” evidenzia l’ennesimo capitombolo nella “civile” Italia del XXI secolo
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Una delle caratteristiche intrinseche dell’ “italiano medio” è quella di “rimembrare”, con troppa facilità, tempi, a dir poco bui, della nostra storia.
Questa peculiarità, riemerge, con grande forza, soprattutto nei periodi di crisi dove, in preda alle forti tensioni interne che caratterizzano il Paese, si cerca in qualsiasi modo un “significante vuoto” a cui attribuire tutte le “colpe”.
Nelle ultime settimane, la nostra “civile” Italia si è resa più volte protagonista dell’emersione di questo tratto in merito alle “vergognose pantomime” messe in scena sulla questione “immigrazione”.
Oltre allo scempio di Gorino, anche Milano si è resa celebre alle cronache nazionali (anche attraverso affermazioni volgari e poco opportune) per una protesta nei confronti di 300 migranti ospitati nella caserma Montello.
La “protesta”, fortunatamente non appoggiata dai residenti nel quartiere e “monopolizzata” da Casa Pound, ha fatto emergere due spunti di riflessione, utili per comprendere quanto, su questo tema, il “sonno della ragione genera mostri”.
La “degenerazione” totale degli “atteggiamenti italici”, infatti, porta alla constatazione che sul nostro territorio sia presente tanto una ricerca, spesso spasmodica, di un “nemico” a cui attribuire tutte le colpe, senza alcuna “cognizione di causa”, quanto una “mescolanza perversa” di argomenti che giustificano l’avversione verso questa, o quella, “etnia”.
Se la presenza del primo elemento è stata appurata attraverso le “controverse” esternazioni della scorsa settimana, per il secondo si necessita un’attenta valutazione che prende piede dall’analisi di un“becero qualunquismo” nato sulle rovine di una nazione “traviata” da enormi problemi interni.
Il nuovo modo di vedere l‘immigrazione nasce da un’analisi che tende a raggruppare da un lato i problemi interni e dall’altro paragonarli alla condizione dei migranti.
Conseguenza di tutto ciò è la confusione totale determinata da un’associazione impropria fra argomenti differenti e l’attribuzione di un disagio all’ “altro”, inteso come straniero.
Tutto questo si esterna in diversi modi (ad esempio con le, ahimè note, esclamazioni: prima gli italiani, loro vengono pagati per non far niente e noi moriamo di fame ecc…) e riconduce ad un malessere intrinseco del “cittadino” che, non avendo fatto nulla in precedenza per difendere i suoi diritti, si sente in “dovere” di colpire il più debole per ristabilire quell’affermazione (lavorativa, familiare, territoriale, ecc…) che il “potente” di turno ha tolto a lui.
Se la ragione continua a dormire, difficilmente il Paese riuscirà a compiere passi in avanti e con il passare del tempo questo sonno lo condurrà ben presto a decidere se perire o meno.
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