Inghilterra: lo scontro UK-UE è senza nessun vincitore

Con l’esito di questa notte, l’Inghilterra ha ufficialmente attuato la Brexit. Ma quanto bene può fare al Regno Unito e quanto all’Unione Europea?

Una storia sancita da tempo, solo i più ciechi potevano lasciarsi fuorviare da una speranza che non è mai stata attiva. Ci ha provato, Jeremy Corbyn, a convincere tutti che la strada che si stava per intraprendere non giovava a nessuno. Ma niente, ancora una volta il Regno Unito si è dimostrato quel Paese attaccato radicalmente alle tradizioni, con poca voglia di cambiare, se non in peggio. Dunque, alla fine, Boris Johnson ha trionfato. L’Inghilterra uscirà dall’UE.

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Nessuno, però, come al solito, si è chiesto cosa questa comporterà all’Inghilterra e cosa comporterà all’Unione Europea. Quanto ciascuno di loro ha da guadagnare da quest’uscita improvvisa? La risposta è semplice e matematica: poco o nulla. Il premier ha semplicemente sfruttato il momento storico favorevole per cavalcare una politica populista e per porsi al centro delle attenzioni di tutti i cittadini britannici. Non ha fatto nient’altro per far capire ai cittadini cosa stesse succedendo. Soprattutto, non ha dato agli stessi inglesi un’alternativa credibile, una spiegazione per tutto il trambusto che sta succedendo nel paese anglofono.

D’altro canto, però, Corbyn è stato portatore di un disastro annunciato. Vero è che nel Regno Unito i democratici hanno vita molto difficile. Ma probabilmente, più di tutto, il leader laburista ha pagato la sua continua ambiguità sulla Brexit. La presa di posizione è arrivata troppo tardi per convincere gli elettori, che dai temi sociali, attualmente, non sono nemmeno preoccupati.

Il difetto per la sinistra è sempre lo stesso, non cambia da Paese a Paese. Quest’ultima è espressione di classi sociali istruite, benestanti, perfettamente inglobate nel tessuto sociale. E ora, proprio per questo, rischiano l’ingolfamento sia l’UE che la stessa Gran Bretagna.

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Il futuro tutt’altro che roseo

E ora cosa succederà dopo la Brexit? La palla è in mani britanniche, ma l’UE si dimostra ancora una volta un osso duro da combattere. Per ora, dai piani europei, si ha l’ordine di non mettere fretta ai negoziati. E proprio questo potrebbe non giovare allo stesso Regno Unito, che resterebbe una specie di “spettatore” nell’UE, chiuso in un limbo che riserverebbe solamente cattive sorprese. Dunque, l’uscita dell’Inghilterra si conferma una vera e propria trappola tossica per lo stesso, costretto ora a far fronte ad un futuro tutt’altro che roseo.

Ciò che Johnson evita accuratamente di dire è che c’è il forte rischio, senza un accordo ben preciso, che la penisola britannica diventi sempre più isolata. Il rischio dei dazi di “trumpiana” memoria potrebbero essere un’arma a doppio taglio. D’accordo, la sterlina garantisce autonomia di mercato, ma il non avere un quadro di regolazione con la grande istituzione” (l’UE) fornisce un’incertezza difficile da battere.

D’altra parte, anche l’UE ha le sue belle gatte da pelare. Lo disse già due mesi fa la cancelliera Merkel: “Con l’addio britannico emergerà un concorrente potenziale per noi, insieme a Cina e Stati Uniti ci sarà anche l’Inghilterra.
E infatti il rischio principale è proprio quello, quello di avere un terzo incomodo da battere nelle guerre commerciali e con cui dover trattare. Una situazione davvero paradossale, se si pensa a quanto accadeva solo pochi mesi fa, con Theresa May che era sull’orlo del baratro proprio a causa della Brexit.

Insomma, questo scontro su cui si sta improntando la questione non sta portando a nulla di buono per nessuna delle due realtà. E, probabilmente, quando tutti se ne accorgeranno (casomai capitasse) sarà troppo tardi.

Antonio Jr. Orrico

Studente al terzo anno di Scienze della Comunicazione, con una passione innata per il giornalismo, per la scrittura, per la lettura e per la musica.

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