Attualità

La crocifissione di Barbero nell’epoca del “politicamente ignorante”

Da professore osannato dai giovani a uomo con idee medievali il passo è breve: lo storico Barbero nella bufera, ma per quali ragioni concrete?

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Alessandro Barbero è uno storico di fama indiscussa. Un professore che fino a qualche settimana fa veniva osannato in ogni angolo del web e che dominava le classifiche podcast di Spotify. Con il suo modo incalzante e pacato di raccontare gli eventi del passato ha avvicinato alla Storia anche il più disinteressato degli studenti. Dal Fascismo alla Rivoluzione Russa passando per Dante e l’Europa di Carlo Magno, non c’è epoca che non sia stata narrata dal ricorrente ospite di Super Quark. Ma allora oggi, al tanto amato Professore cosa è accaduto per ricevere tutto questo sdegno?

Un giorno senza polemiche è un giorno perso

Nel nostro Paese la vita è scandita dalla presenza di una polemica quotidiana, destinata a creare scalpore sul momento per poi essere dimenticata in meno di ventiquattr’ore. Siamo un popolo di acrobatici opinionisti che spaziano dalla medicina al calcio, dai diritti umani a Sanremo in una spirale di amnesie costanti. Non stupisce allora la facilità con cui i media possono creare dibattito e controversie partendo dalle parole espresse da un personaggio pubblico. L’operazione risulta ancor più facile se quel personaggio, il molto amato prof Barbero, è contro il Green Pass e dubbioso sui vaccini.

Il Barbero è servito: pasto perfetto per i media

Allora cosa succede per mandare in pasto Barbero dopo le sue molto discutibili, ma pur sempre legittime, posizioni sulla gestione della pandemia. La risposta è quasi ovvia, intervistarlo sul tema delle donne nella società. Dunque al prof vengono fatte in una intervista per La Stampa domande sulle donne e sulla loro fatica nel fare carriera. La risposta è in verità un’altra domanda, ma pur sempre un ragionamento che il prof ancora non può immaginare cosa scatenerà nelle ore successive. “Vale la pena di chiedersi se non ci siano differenze strutturali tra uomo e donna che rendono a quest’ultima più difficile avere successo in certi campi. È possibile che in media le donne manchino di quella aggressività, spavalderia e sicurezza di sé che aiutano ad affermarsi? credo sia interessante rispondere a questa domanda.”

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Decontestualizzate e senza il punto di domanda queste parole indignerebbero persino Vittorio Feltri, i giornali lo sanno e allora ecco che l’amato Barbero si trasforma nella polemica quotidiana. Una bufera sul professore che per il tema trattato e per come viene posta oggi dalle testate e dal web potrebbe raggiungere anche il record di quarantotto ore di discussione. Una gogna mediatica per niente nuova e che richiama ad un concetto di “Bestia” molto più grande di quello presente dietro i social salviniani.

La decontestualizzazione alla base dell’indignazione contemporanea

Ma allora sono o no davvero così terribili e medioevali le affermazioni di Barbero? La risposta non la si può trovare certo nelle semplicistiche affermazioni di chi si indigna. Il professore ha una colpa che è quella di non aver calcolato il palese fraintendimento che l’estrapolazione del suo discorso avrebbe creato. I punti di domanda e gli interrogativi presenti nei “E possibile”, “vale la pena di chiedersi” sono espressione del ragionamento storico-critico che caratterizza un intellettuale o più in generale un libero pensatore. Non è reato né tantomeno un peccato di tipo morale voler analizzare le ragioni alla base di un fenomeno a maggior ragione quando risulta essere così controverso. Quello che sembra però è che tutto questo non possa essere fatto pubblicamente senza di conseguenza scatenare poi immani ed indignate incomprensioni.

Un salto nella storia senza Barbero ma con John Stuart Mill

Alla base del ragionamento di Barbero è presente il pensiero di un filosofo che non ha bisogno di presentazioni: John Stuart Mill, padre del liberalismo occidentale e attento osservatore della condizione femminile. Mill pubblicò nel 1869, molto prima dei social, il saggio “La servitù delle donne”. Lo scopo del testo è spiegare i fondamenti di una convinzione, ossia, che la subordinazione giuridica di un sesso all’altro non solo è ingiusta per se stessa, ma è l’ostacolo più forte al progresso dell’umanità. “La subordinazione sociale delle donne si configura come un fatto unico nelle moderne istituzioni sociali; l’unica reliquia di un vecchio mondo di pensiero e di pratica che è esploso in ogni altro aspetto.” Il filosofo pone in evidenza come la “subalternità strutturale”, di cui parla Barbero, sia frutto dell’educazione e di schemi interiorizzati che fin dall’infanzia condizionano lo sviluppo. Allora viene da chiedersi è oggi possibile affermare che tali pratiche interiorizzate siano scomparse del tutto? E’ possibile dire che comportamenti e modalità di pensiero non spingano più la donna a sentirsi meno autoritaria dell’uomo? Chi risponderà a queste domande semplici ma ricche di implicazioni in maniera affermativa, lo farà con uno spesso velo di ipocrisia.

L’affermazione del politicamente ignorante

In conclusione, a nostro modo di vedere, la soluzione dei problemi e la trattazione di tematiche complesse non passa attraverso la demonizzazione del pensiero, soprattutto quando determinate affermazioni sono degli interrogativi che pungono la radice di un tema scomodo e delicato che dall’epoca di Mill a oggi non ha mai smesso, con gradazioni diverse, di essere attuale. Il problema alla base allora sembra non essere la tematica posta a Barbero nell’intervista ma un più profondo dibattito sul modo di ragionare della nostra società andrebbe urgentemente posto. Per andare alla radice dei problemi e provare ad individuare conseguenti soluzioni è necessario anche ragionare su ciò che forse non è così popolare.

Più che dittatura del politicamente corretto dovremmo oggi parlare di una dittatura del politicamente ignorante. Nel senso che data la mole di contenuti che popolano i nostri feed, l’incapacità di approfondire una determinata tematica deriva dalla mancanza di tempo nell’assimilare e comprendere una quantità troppo ampia di informazioni che nel 90% dei casi si rivelano spazzatura. Il “Non si può più dire niente” di PioAmedeiana memoria dovrebbe essere declinato in un “Non si può più capire niente”. Costruirsi idee proprie senza schierarsi a favore di una posizione prestabilita dal circuito mediatico è un’operazione che di default ormai riesce difficile alla maggior parte di noi.

Allora, parafrasando il professore, viene da chiedersi se ci sia o meno un’incapacità strutturale da parte delle persone – qualunque sia il sesso – di argomentare e approfondire tematiche anche controverse. E’ possibile che nella nostra società digitale gli individui pecchino di quell’intelligenza, comprensione del testo e ragionamento critico che aiutano ad affermarsi.

Attilio Senatore

Studente di Giurisprudenza presso l'università degli Studi di Salerno e autore di una raccolta di poesie dal titolo "Non è tardi per sognare".

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