8 Dicembre 2017 - 16:28

La nuova era dei robot ibridi, macchine con cellule viventi

L’intuizione porta una firma tutta italiana e potrebbe ben presto fare la sua comparsa nelle nostre vite. I nuovi robot progettati saranno dotati di componenti organiche oltre ai consueti materiali artificiali

 

L’estenuante e reiterato tentativo, durante l’ultimo quarto di secolo, della scienza robotica di imitare la vita organica potrebbe aver raggiunto finalmente un’importante risultato empirico, attraverso la realizzazione di un progetto che prevede l’assemblaggio di complesse strutture anatomiche artificiali, dalle vaghe caratteristiche antropomorfiche, che posseggono frammenti di materia organica tra i loro componenti principali.

La nuova frontiera della scienza robotica, infatti, pare aver inaugurato, proprio di recente, un innovativo percorso sperimentale in cui sul tavolo da laboratorio sono presenti dei veri e propri ”ibridi”; si tratta di strutture artificiali complesse che rappresentano un innovativo connubio tra materia organica ed inorganica, cioè una nuova generazione di robot che, tra le loro componenti costitutive avranno anche parti ”vive”.

La firma italiana del progetto

Il progetto deriva da un’ambiziosa visione tradotta in linguaggio matematico da uno studio recentemente pubblicato su Science Robotics in cui vengono espressi nel dettaglio i particolari dell’impresa. La firma del progetto è tutta italiana e si riferisce all’eminente figura di Leonardo Ricotti, ingegnere dell’Istituto di Biorobotica alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Alle ricerche hanno, poi, lavorato e concorso, nelle fasi di realizzazione progettuale, anche alcuni centri di ricerca ed università d’oltralpe: Stati Uniti, Canada, Germania.

Grazie all’intuizione dello scienziato gli automi del futuro non solo saranno dotati di strutture anatomiche sempre più complesse, raffinate e sofisticate da un punto di vista prettamente motorio, ma per mezzo della straordinaria interazione tra materia vivente ed inorganica, questi saranno anche in grado di adattarsi alla tipologia fenomenica dell’ambiente esterno con cui verranno in contatto, il che si traduce in uno sviluppo dei loro tessuti in relazione alle condizioni ambientali, proprio come fanno gli esseri viventi.

Le cellule viventi impiegate sino ad ora all’interno delle prime sperimentazioni sono state prelevate direttamente da colonie batteriche e da organismi pluricellulari come ad esempio gli insetti; ma il fatto più sconvolgente è che all’interno del cocktail organico impiegato sono state immesse anche cellule umane. I primi risultati fanno ben sperare e gli scienziati parlano già di una prossima rivoluzione nel campo della cibernetica.

La natura come fonte di ispirazione ed i possibili impieghi degli ”ibridi”

Alla base di questa nuova e sensazionale avventura gnoseologica vi è sempre la formula aristotelica dell’osservazione empirica della natura, convertita poi da Galilei in metodo scientifico; la scienza nasce per studiare, approfondire ed imitare la natura (mimesis), e la robotica sembra oggi essere la sublimazione ultima di questa originaria aspirazione della scienza moderna.

Il dottor Ricotti ha così fermamente commentato il suo lavoro: ”Questa interazione tra cellule viventi e robot potrà consentire alle macchine di svolgere con efficacia e successo i compiti per i quali sono state create. Abbiamo cercato di imitare i sistemi viventi, affinati da milioni di anni di evoluzione, al fine di realizzare robot ibridi in grado di eseguire complessi movimenti in modo sicuro ed efficiente”.

“La scommessa di questi ibridi – ha concluso Ricotti – e’ superare uno dei principali limiti dei sistemi robotici, dato dalla difficolta’ di adattarsi a sistemi potenzialmente ostili, come il corpo umano, salvaguardando al tempo stesso l’integrita’ dei tessuti”.

Nel frattempo già si inizia a fantasticare su quali potrebbero essere le future applicazioni di tali ”ibridi” all’interno della società umana, e come potrebbero concorrere al miglioramento del nostro stile di vita e delle nostre esigenze quotidiane; si è parlato ad esempio di un possibile loro utilizzo all’interno di ambienti e situazioni generalmente ostili per l’uomo, che vanno dalla tutela ambientale alle operazioni di soccorso e vigilanza, accarezzando anche l’idea di impiegarli nella medicina e nelle fabbriche.

C’è chi ha addirittura suggerito la possibilità di crearne alcuni esemplari miniaturizzati, milioni di volte più piccoli della testa di uno spillo, così da poterli immettere direttamente nei fluidi corporei umani, consentendo ad esempio di evitare complesse operazioni chirurgiche, effettuare diagnosi o aiutare l’effetto terapeutico di alcuni farmaci.

Insomma, le idee non mancano, i risultati nemmeno. Il regno delle macchine è dietro l’angolo, una nuova cyber generazione di robot potrebbe molto presto fare la sua comparsa e sconvolgere i nostri idilliaci scenari quotidiani.

 

 

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