L’ardita eleganza del vetro strutturale
Il vetro strutturale nel costruito
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Negli ultimi decenni il crescente interesse dei settori dell’architettura e dell’ingegneria per il vetro strutturale, nelle sue diverse tipologie produttive e costruttive, ne ha visto una rapida diffusione sia come materiale utilizzato per interventi di restauro e riqualificazione, sia per interventi strutturali di nuova concezione.
Le note caratteristiche di trasparenza e neutralità, nonché l’eleganza e l’eco-sostenibilità del vetro strutturale, ne hanno promosso, inoltre, l’impiego quale materiale particolarmente indicato per la salvaguardia dei beni archeologici e artistici, consentendo a questi ultimi di essere liberamente fruiti e osservati, rimanendo inalterati nella loro istanza storica e istanza estetica pur mostrando il segno inesorabile del tempo trascorso.
Il caso di Rione Terra a Pozzuoli (NA), tanto per fare un esempio, rappresenta un esempio chiaro di questo modo d’intendere tecnologie e soluzioni moderne a servizio del passato.
Attualmente il vetro strutturale costituisce anche soluzione moderna per progetti di nuova concezione. Benché privilegiato per facciate semplici o iper-tecnologiche e abbinato a collegamenti arditi e complessi per lo più in acciaio, atti a sostenere e dissipare le azioni del vento e/o del sisma, il vetro strutturale oggi è concepito, più che in passato, anche come elemento capace di assolvere a funzioni prettamente “strutturali”.
Da qualche anno, infatti, il vetro stratificato temprato, con tempra chimica parziale o totale, viene utilizzato per realizzare delle pavimentazioni a lastre che poggiano su travi anch’esse realizzate in vetro strutturale stratificato. L’appoggio di queste ultime sui sostegni perimetrali avviene prevalentemente mediante dei dispositivi bullonati di ancoraggio in acciaio a forma di “sella”.
Più in generale, premettendo che il vetro strutturale nel costruito può essere adoperato sia per strutture verticali (pilastri, colonne, etc.) che orizzontali (lastre in vetro, travi in vetro, volte in vetro, etc.), con riferimento a queste ultime, occorre, in primo luogo, conoscere l’ubicazione del manufatto dal momento che strutture esterne, ad esempio, essendo soggette agli agenti atmosferici, necessitano innanzitutto di trattamenti particolari al fine di ridurre i rischi più comuni quali lo scivolamento (vernici antiscivolo, superfici satinate), l’effrazione (giunzione delle lastre con silicone strutturale, particolare attenzione agli attacchi, peso opportuno delle lastre), la rottura con eventuale caduta nel vuoto (rispondenza del vetro strutturale alle normative recanti i requisiti minimi di rottura), le escursioni termiche che in alcune località non sono affatto trascurabili (giunzione delle lastre con silicone strutturale). Inoltre strutture orizzontali esposte agli agenti atmosferici devono essere opportunamente progettate per garantire resistenza alle azioni del vento e della neve, nonché alle azioni sismiche.
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Il vetro strutturale, benché stratificato mediante strati interposti tra le lastre di polivinilbutirrale (PVB con spessori pari a 2.28 mm o 2.56 mm per uso strutturale), è essenzialmente un materiale fragile il cui limite di rottura si stima nei confronti della resistenza alla trazione di gran lunga inferiore alla resistenza alla compressione. Tuttavia le riserve di plasticità che un vetro stratificato possiede sono attribuibili prevalentemente allo strato di PVB, aspetto questo che spiega l’utilizzo del vetro a tutta facciata anche in presenza d’importanti azioni sismiche che, per quella parte che non è affidata ai collegamenti in acciaio, grava esclusivamente sulla vetrata stessa.
Non meno importante è la risposta meccanica del vetro strutturale alle azioni sollecitanti e alla durata di queste ultime. Infatti, similmente a quanto accade per il legno, anche il vetro risente molto del tempo di applicazione dei carichi. Pertanto carichi applicati permanentemente risultano essere percepiti dal vetro come carichi amplificati nel tempo, quindi diversi dalla loro entità iniziale, contrariamente a quanto accade, invece, per i carichi istantanei che vengono percepiti così come agenti. Tale fenomeno denominato fatica statica è un aspetto molto importante che prescinde dalla destinazione d’uso del luogo (quindi dai carichi variabili considerati istantanei) e dipende sensibilmente dal peso proprio della struttura in vetro e dai carichi portati.
Benché materiale di antica memoria, ancora oggi il vetro strutturale è oggetto di ricerche continue, che se da un lato hanno ottenuto inconfutabili successi nei diversi campi di applicazione, dall’altro mirano ancora ad approfondirne il comportamento meccanico e strutturale di alcune sue potenzialità ritenute impensabili fino a qualche decennio fa (Documento Tecnico CNR – DT 210). Continuando ancora a stupirci con la sua eleganza, il vetro si presta a interpretazioni e soluzioni svariate coniugandosi senza alcuna difficoltà con le arditezze della contemporanea architettura e la sobrietà del restauro scientifico, ergendosi immagine di una tecnologia ambiziosa che vede nella tradizione le sue radici.
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