10 Settembre 2015 - 16:37

Laurie Anderson racconta l’amore secondo Lou Reed

Laurie Anderson

La musicista americana Anderson si presenta alla Mostra del Cinema di Venezia con un lungometraggio di finzione dedicato al compagno di una vita Lou Reed. Il successo è indiscutibile

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In Italia Laurie Anderson è conosciuta soprattutto per un pezzo rivoluzionario che il Ministero della Salute propose, nei primi anni Novanta, come sottofondo musicale di una serie di spot contro l’AIDS.

Un pezzo che ha lasciato un senso d’inquietudine in tutta una generazione che, nei primi anni Novanta, affrontavano per la prima volta tematiche complesse della vita quotidiana, in primis quelle della sessualità.

Quelli erano tempi diversi, e la musica di “O Superman (for Massenet)” è rimasta come ricordo indelebile anche per chi, più piccino a quei tempi, ricorda la voce robotica della Anderson che diceva “Ah-Ah-Ah“, per ben otto minuti, in un vocoder.

Laurie Anderson

Laurie Anderson

A causa di questa scelta, voluto o meno da chi ideò quella serie di spot con il terribile alone viola dei malati di HIV, Laurie Anderson è rimasta collegata, in Italia, a quello spot, e la sua genialità, il suo attivismo politico, il suo coraggio, nel nostro paese, sono poco ricordati.

Persino il fatto che l’artista fosse stata la compagna di vita di Lou Reed, il musicista dei Velvet Underground scomparso nel 2014 a causa di un tumore, è noto a pochi.

Oggi, la Anderson è tornata in Italia e alla Mostra del Cinema di Venezia ha presentato il suo “Cuore di Cane“, un lungometraggio che è dedicato al concetto di amore secondo Reed, ma anche a tanti momenti difficili della vita di un’artista legati soprattutto alla perdita di un cane, di una madre, di un marito.

Questo è un film sull’amore” ha detto la Anderson a chi le ha chiesto del film e soprattutto della scelta di un pezzo, Turning Time Aroundper chiudere il film.

L’artista dice “Di aver pensato che potesse essere una cosa meravigliosa per Lou poter descrivere la sua definizione d’amore, che abbraccia l’immagine del tempo che gira e si muove in ogni direzione. Lou è presente nel film in molti modi, intanto perché fa parte di molte delle storie che vengono raccontate poi ha interpretato un ruolo nel film, è uno dei dottori nella scena che si svolge all’ospedale. È stato molto divertente perché abbiamo avuto un’intera ala ospedaliera completamente vuota a nostra disposizione per giocare con tutti i suoi macchinari. Ma soprattutto nel film c’è lo spirito di Lou, la sua fierezza, noi spesso discutevamo del concetto di forza e come si possa esprimere semplicemente questo concetto“.

Il film mescola linguaggi molto diversi, che vanno da animazioni realizzate dalla stessa regista, video ad 8 mm della sua infanzia, storie ricostruite con attori e gli amici quattrozampe, ed è un film nato su commissione. “Ero molto eccitata quando Arte mi ha chiesto di fare una sorta di saggio personale attraverso il cinema e ho pensato che fosse interessante raccontare delle storie, è stato un processo stimolante per me perché ha combinato molte delle cose che ho sempre fatto: immagini, parole, musica. Il film parla delle storie e come funzionano, non è un film su di me ma uso alcune delle mie storie per spiegare come le cose possono essere raccontate. Tutto è iniziato dal discorso di mia madre sul letto di morte mentre aspettava che i suoi otto figli andassero a salutarla. È stata sempre una donna molto formale che persino morendo aveva preso in mano il microfono per dire “grazie per essere qui questa sera” ma poi, nel suo stato di allucinazione, finiva per parlare degli animali che popolavano il suo soffitto. Di fronte a questa scena incredibile ho cominciato a riflettere sulla forza del linguaggio, è un qualcosa che mi ha fatto molto impressione proprio perché veniva dalla persona che mi aveva iniziato alla parola”.

Protagonista assoluta del film, comunque, è la cagnetta Lolabelle, una terrier posseduta dalla Anderson e da Lou, che in una scena del film era divenuta obiettivo di alcuni falchi che intendevano ghermirla come preda proprio nelle ore successive al terribile attentato dell’11 settembre, quando la Anderson era proprio a New York.

Nello sguardo di Lolabelle ho visto il pericolo“, dice la Anderson, lo stesso provato dai suoi vicini durante l’attacco, consapevoli che la morte stesse arrivando dal cielo, un luogo al quale tutti aneliamo, ma che è uno spazio infinito che trasuda mistero. Proprio per questo, conclude l’autrice, il film non è solo un inno alla libertà, ma anche alla paura.

Il film non ha ancora una data di uscita in Italia, ma di certo esso segna un nuovo esordio per una straordinaria artista che oggi ha quasi settant’anni, e che si ripropone in Italia dopo quell’inno, “O Superman (for Massenet)” che era un bellissimo inno alla pace, ma che è stato purtroppo incompreso, almeno qui nel Bel Paese.

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