18 Ottobre 2016 - 11:21

Il lavoro in Italia, ovvero “Padrone mio ti voglio arricchire”

Il lavoro è divenuto in Italia una delle variabili più controverso dell’epoca. Fra “spintarelle” e “rifiuto della realtà”, si fortifica un sistema sempre più bloccato e in mano a pochi eletti

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Il brano più celebre del cantautore pugliese Matteo Salvatore è senza dubbio “Padrone mio”, tratto da una melodia popolare, forse di origini siciliane, riportata alla luce durante il secolo scorso.

Lavoro

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La storia di “Padrone mio”, che ha dato risalto alla figura di Salvatore nella Penisola, narra della condizione dei braccianti agricoli che, pur di non perdere il lavoro, chiedono al “padrone” di essere bastonati o, addirittura, di morire piuttosto che rimanere senza un’occupazione.

Il testo, più attuale che mai, si traspone con grande facilità nell’Italia di oggi, dove la vicenda che coinvolge Alfano jr e la problematica, non capita (anzi rifiutata) dal Presidente del Consiglio Renzi, della “fuga dei cervelli” ha fatto riemergere alcune specifiche considerazioni su quanto fatto attraverso l’approvazione del Jobs Act.

Questi pensieri, che nascono dalla visione della realtà italiana, prendono piede non solo con riferimento ai “fatti” citati ma, soprattutto, in base alla generica impostazione del nuovo “sistema” lavorativo messo in atto negli ultimi due “drammatici” anni.

Infatti, è possibile notare una distorsione tale del mercato del lavoro che lo ha reso tale, e i risultati sono ben evidenti, da privilegiare esclusivamente pochi “eletti”.

La realtà italiana

Attraverso una prima, e fuggevole visione (dettata anche dalla semplice “contemplazione” di chi ci sta accanto), si rende visibile uno dei maggiori problemi della nostra Penisola: l’assenza totale di meritocrazia.

Questo punto, decantato tanto con l’introduzione del Jobs Act ma mai effettivamente preso in considerazione, ha fatto sì che una larga maggioranza di persone, comprese tra i 24 e i 35 anni (periodo che include, per lo più, laureati e neo laureati, cioè coloro che, almeno in teoria, dovrebbero essere più “specializzati” tra la “popolazione attiva”) venga totalmente “ignorata” o, peggio ancora, “scartata” a priori.

Il dato, allarmante sia come indicatore in termini di programmazione che di sviluppo futuro, ha creato un duplice effetto riscontrabile tanto nell’accesso al mondo di lavoro solamente di pochi “eletti” quanto nel rifiuto totale di una categoria considerata, ormai, scomoda.

Per quanto riguarda la prima problematica, come rivelato dal caso Alfano jr (dirigente di un ente partecipato senza i titoli per l’accesso a quella determinata mansione), si può, facilmente, osservare che il Jobs Act ha creato un “sistema” in cui i “potentati”, di qualsiasi tipo, diventino sempre più forti in virtù del sistema di selezione e di permanenza nell’attività lavorativa.

Ciò, senza alcuna consapevolezza di quanto si stava “edificando” nel tempo, ha portato da un lato a “privilegiare” una manodopera “meno specializzata” (intesa in termini didattici) e, di conseguenza, meno retribuita e dall’altro ad “ignorare” totalmente i “talenti” presenti, proponendo a chiunque un “lavoro laqualunque” per tutti coloro che si affacciano a questo nuovo mondo.

Le conseguenze

La conseguenza diretta si rileva in altri due fattori: il primo, che premia “esclusivamente” i “soliti noti” in nome di una complessiva, ed eccessiva, liberalizzazione del mercato del lavoro, vede il controllo totale, facendo riferimento a “convenienze economiche del caso”, di “pochi eletti” in grado di decidere le sorti di intere generazioni; il secondo, in virtù di questa ampia distorsione della realtà, si esplicita attraverso la collocazione in posti “sbagliati” di personale “non qualificato per quella specifica mansione”, rendendo anche meno competitivo l’intero comparto nazionale.

A tutto questo si collega anche il discorso sulla salvaguardia della propria occupazione dove, facendo un salto nel passato e parafrasando Matteo Salvatore, si “preferirebbe morire” piuttosto che perdere il lavoro, data la disperata situazione in cui versa il sistema Italia.

Quando intere generazioni non solo sono bloccate ma sono anche svilite ed “umiliate giornalmente da un sistema che li considera come un problema, difficilmente l’ordinamento avrà modo e capacità di riprendersi; tutto ciò avrà solo ed esclusivamente un merito, quello di aumentare i potentati che controllano un mercato, quello del lavoro, divenuto, ormai, vitale per la ripresa di un’intera nazione.

padrone mio, ti voglio arricchire,come un cane voglio lavorare” (Padrone Mio, Matteo Salvatore)

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