23 Maggio 2015 - 10:26

Legalità: la si celebra nel ricordo di Capaci

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Sono passati 23 anni dalla morte del giudice Giovanni Falcone e di  chi con lui ha perso la vita nell’attentato di Capaci e proprio nella giornata odierna, si celebra il valore della legalità

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Per chiunque scriva e abbia a cuore la verità e la giustizia, poter porre al centro del proprio discernere Giovanni Falcone, rappresenta motivo d’incredibile orgoglio ed emozione. Purtroppo sono nato con un paio d’anni di ritardo per poter dire di aver condiviso il momento dell’esistenza con un uomo come lui. Eppure le sue idee continuano e continueranno a camminare sulle nostre gambe, come il giudice sognava, perché la speranza che si diffonda il valore della legalità deve albergare perennemente nei nostri animi. Giovanni Falcone non ha bisogno di presentazione, il suo coraggio, la tenacia e la semplicità di un uomo che ha vissuto per la propria terra e per l’ideale di legalità sono ben noti a tutti. Negli anni in cui Mafia e Stato sembravano sinonimi di una realtà collusa, Falcone e l’amico Paolo Borsellino hanno dato speranza a tutto il popolo onesto. Definire la Mafia un’organizzazione criminale parastatale è alquanto riduttivo. In una celebre intervista il giudice siciliano la battezzava come un vincibile “fatto umano”:

 “La mafia non è affatto invincibile. È un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio, e avrà anche una fine. Piuttosto bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave e che si può vincere non pretendendo eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni”.

L’eroismo che non può essere preteso dagli inermi cittadini lo ha messo in campo Falcone che da eroe è morto. Eppure, aver bisogno di eroi è quanto di più triste un Paese possa desiderare. Nel momento stesso in cui nasce un eroe, il popolo intero ha di che piangere. L’eroe corrisponde a qualcosa che le comuni istituzioni non riescono a sconfiggere, è sinonimo di un senso del dovere e della legalità che i cittadini sotterrano nelle loro coscienze infangate, è sintomo del diffondersi dell’incredibile puzzo della corruzione. La codardia di chi tanto si ritiene potente, come la gentaglia di Cosa Nostra, sta nel risolvere i problemi con la rapida tattica dell’omicidio, nella consapevolezza di non avere altro mezzo che il vile colpire alle spalle. Così accadde il 23 maggio 1992, lungo l’autostrada A29, nelle vicinanze dello svincolo di Capaci, poco lontano da Palermo. In quell’occasione persero la vita il giudice Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e i tre agenti della scorta Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani. 

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Luogo dell’attentato

Bastò schiacciare un bottone agli uomini del boss Salvatore Riina per far saltare in aria la prima Fiat Croma della colonna d’auto che accompagnava il giudice. Era quella marrone dei tre uomini, sopracitati, della scorta, sbalzata a più di cento metri, mutilando i corpi degli agenti che morirono sul colpo. Dietro di loro l’altra Croma, quella bianca di Falcone e della Morvillo che, non indossando le cinture di sicurezza, vennero catapultati contro il parabrezza. Alla notizia della morte del giudice, i mafiosi festeggiavano nel carcere e questa notizia destò il disprezzo più totale per gente che si fa fatica a definire umana. 

Oggi, 23 maggio, ricorre l’anniversario di quella disumana tragedia, nella quale, insieme a tanti uomini, morì anche una buona fetta della legalità italiana. Sono numerosissime le manifestazioni organizzate in Sicilia e nel resto della penisola. Anche il Presidente dell Repubblica Sergio Mattarella si recherà a Palermo, sua città natale. La legalità e la lotta alla Mafia sono due temi che stanno particolarmente a cuore al Presidente, non solo per essere stato Ministro dell Difesa e Giudice Costituzionale, ma soprattutto per i propri trascorsi di vita. Mattarella, infatti si è affacciato con serietà sul panorama politico, solo  dopo la morte del fratello Piersanti.

Piersanti Mattarella

Il destino di Piersanti Mattarella è indissolubilmente legato a quello dello stesso Falcone. Il 6 gennaio 1980 anche il fratello del Presidente della Repubblica, allora Presidente della Regione Sicilia e attivo sostenitore della legalità, perse la vita a Palermo, sparato a sangue freddo dal finestrino della propria auto. Le indagini, inizialmente, lasciavano credere che i mandanti potessero appartenere ad associazioni neofasciste. Proprio Falcone, però, fu tra i primi a sostenere che la Mafia avesse delle responsabilità in  questo omicidio. Successivamente i collaboratori di giustizia Tommaso Buscetta e Gaspare Mutolo confessarono che i mandanti del delitto Mattarella erano esclusivamente membri della cosca mafiosa siciliana. In seguito a quel processo Riina venne condannato all’ergastolo e si scoprirono spregevoli rapporti Stato-Mafia incarnati dalla figura di Giulio Andreotti.

Nel ricordo di eventi tristi e vergognosi come quelli riportati, oggi si celebra la Giornata della Legalità. La speranza è che alla parola “legalità” venga dato un significato pratico ed operativo, oltre alla forma di un valido e illustre ideale per far sì che le innumerevoli morti per mano delle mafie non siano avvenute invano. Si sorrida per aver avuto grandi uomini, si pianga per le loro morti e si cominci ad urlare la propria onestà, affinché sia la Legalità a spaventare la Mafia e mai più il contrario.

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