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Giuseppe Conte ha festeggiato assieme a Dario Franceschini, Nicola Zingaretti e Luigi Di Maio la sentenza della Consulta che ha bocciato il referendum di Matteo Salvini a favore del sistema maggioritario. Si avviano dunque i lavori per una legge elettorale.
«Abbiamo scampato un pericolo, il governo ne esce stabilizzato e ora ha una prospettiva più ampia per andare avanti» afferma soddisfatto Conte. Ed è certo che «Adesso sarà più facile approvare la legge proporzionale, la riforma elettorale è più vicina».
Il referendum per la maggioranza sarebbe stata una “mina pronta ad esplodere”. 5Stelle, Pd, Italia Viva e Leu erano decisi a disinnescarla approvando in tutta fretta la legge proporzionale con sbarramento al 5%.
Uno scacco al leader leghista Matteo Salvini che avrebbe sicuramente colto l’occasione per animare le piazze e incoraggiare il proprio elettorato ad scontrarsi contro il Governo. Sembra quasi di udire già le sue frasi cult “restare ancorati alle poltrone”, “impedire al popolo di esprimere la propria opinione”. Tutto questo avrebbe portato ulteriori consensi al leader della Lega.
Anche il commissario europeo Paolo Gentiloni, che proporzionalista non è, mette a verbale: «La sentenza della Consulta è una buona notizia anche per chi non ama il proporzionale…».
Sempre più vicina sempre al riforma elettorale che porterebbe al sistema proporzionale. Perché questo sistema sarebbe migliore per gli attuali governanti si può spiegare in due semplici punti.
Innanzitutto il sistema proporzionale porterà Salvini a cercare alleati e a non poter presentarsi come partito unico alle prossime elezioni. Salvini dunque sarà costretto a cercare “aiuto” ai Forza Italia e Fratelli d’Italia, ricreando il simpatico trio di Salvini-Meloni-Berlusconi. E secondo gli oppositori un Salvini legato ai suoi alleati è più “gestibile”.
Inoltre il sistema proporzionale tenta di garantire un futuro alla coalizione di governo. Il sistema proporzionale permette infatti a Zingaretti di non perdere le speranze di creare un «fronte progressista largo». Traduzione: un patto post-elettorale con i 5Stelle. Finora, a parte l’eccezione delle elezioni in Umbria, i grillini hanno sempre rifiutato alleanze pre-voto. E continueranno a farlo perché, come ha detto e ripetuto Di Maio, «è nel nostro Dna andare da soli». Ma nulla vieta e vieterà ai grillini, o alla fantomatica lista Conte, di stringere patti di governo nel day after elettorale.
Ma i tempi sembrano ancora lunghi perché la riforma diventi un dato di fatto.
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