Lenin, un ritratto a novantadue anni dalla morte
Il 21 gennaio 1924 moriva, a Gorki, Lenin, il leader della Rivoluzione d’Ottobre e capo supremo del Partito Bolscevico. Il suo corpo, imbalsamato nonostante la contrarietà della moglie, giace ancora oggi nel mausoleo a lui dedicato sulla Piazza Rossa a Mosca, ed è visitato giornalmente da migliaia di persone. Eppure, a novantadue anni dalla sua scomparsa e a venticinque dalla fine dell’Unione Sovietica, c’è ancora chi lo teme
[ads1]Ieri sera ho visto in TV il film di William Becker “Goodbye Lenin“.
Non sapevo che oggi sarebbe ricorso il novantaduesimo anniversario della scomparsa del leader della Rivoluzione d’Ottobre nonché capo supremo del Partito Bolscevico, e ho guardato il film per curiosità e poi perché aveva valutazioni molto alte. Mi era stato inoltre lungamente consigliato, e sebbene fosse un film del 2003, esso ancora mi mancava.
Il film narra la storia della transizione all’economia di mercato capitalista della Repubblica Democratica Tedesca a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, quando cioè la politica di apertura di Gorbaciov verso l’Occidente raggiunge il suo punto massimo, e di fronte alla richiesta di maggiori libertà da parte del popolo, la cortina di ferro crolla, e con essa tutta la struttura governativa che ruotava attorno all’ormai morente Unione Sovietica.
Una delle scene più toccanti del film si ha verso la metà, quando la protagonista Christiane Kerner, alla quale è stata nascosta la fine della DDR e la imminente fine dell’URSS esce per la prima volta in strada dopo essersi risvegliata da un coma che l’ha tenuta bloccata al letto per diverse settimane.
La donna, fervente comunista e orgogliosamente funzionaria della DDR non sa che il vecchio stato nel quale ha creduto fortemente è finito, e il figlio Alex l’ha preservata da questa emozione che poteva esserle fatale, fingendo che in realtà in Germania Est sia rimasto al potere il vecchio leader filosovietico Erich Honecker e che l’unificazione tedesca non abbia mai avuto luogo, ed approfittando della temporanea malattia della madre che la tiene bloccata a letto.
Quando però la donna riesce ad alzarsi ed esce da sola per strada, approfittando di una distrazione di Alex. ecco che ella si ritrova di fronte agli occhi il volo di un elicottero occidentale che porta via la grande statua di Lenin a Leninplatz, la cosiddetta Lenindenkmal.
L’enorme statua passa così davanti al volto di Christiane in una posizione innaturale, quasi volesse tendergli la mano, e lasciando la donna in stato di shock.
Non vi dirò come finisce il film, e vi consiglio di vederlo se non l’avete fatto.
L’occasione, però, è propizia per andare ricordare la figura dello statista sovietico, che scompariva oggi come oggi nel 1924 in seguito ad una grave malattia cerebrale.
Soprattutto in quella generazione che ha vissuto il periodo della Guerra Fredda, quella che fra le tante è stata la più lungamente influenzata dall’intelligence occidentale affinché temesse il comunismo, quella del leader della Rivoluzione d’Ottobre è una figura che genera sensazioni particolari, e gli stessi comunisti di oggi che ancora lo ammirano fermamente, non negano di percepire attorno al suo nome un’aura di sacro terrore.
Nato da famiglia ricca, figlio di un matematico e di una proprietaria terriera, Lenin nacque Vladimir Il’ic U’ljanov a Simbirsk.
Ricordato dalla famiglia come tipo gioviale, allegro ed amante degli scherzi, immagine decisamente differente dalla sua immagine austera tramandataci dalla storia, Lenin fu tra i migliori del suo corso al ginnasio e divenne presto studente di legge all’Università di Kazan.
Qui cominciò a leggere Marx e cominciò a manifestare intenti rivoluzionari, al punto che, durante una manifestazione non autorizzata all’Università fu fermato dalla polizia zarista insieme ad altri compagni di corso ed arrestato. Sembra che in questa occasione egli abbia detto ad un poliziotto che gli chiedeva perché manifestasse, visto che aveva di fronte una muraglia, di farlo perché bastava una piccola spinta affinché essa crollasse.
Temporaneamente esiliato, tornò in patria e si laureò, quindi assunse un ruolo attivo in politica quando una carestia colpì la Russia, sviluppando una coscienza socialista e costituendo il partito Bolscevico, che tra il 1900 ed il 1905 diverrà una spina nel fianco del governo zarista, che già si era macchiato di tendenze autoritariste e nel 1907 arrivò a sciogliere il parlamento, accentrando i poteri nelle mani dello zar.
Contrario da sempre alla guerra, allo scoppio della Prima Guerra Mondiale si schierò contro il conflitto, sostenendo che esso fosse una questione borghese, ma cambiò idea allorché vide che attraverso la guerra era possibile giungere alla teorizzata dittatura marxista del proletariato, e cominciò la sua lotta contro il governo di Nicola II fino al 1917, quando, di ritorno dalla Svizzera dov’era andato per studiare i motivi che avevano portato l’Europa verso un’inutile strage, tornò in patria e pubblicò le sue Tesi d’Aprile, il documento con il quale sosteneva la necessità di sovvertire l’ordine statale della Russia e dare tutto il potere a consigli del popolo opportunamente creati.
Così, quando la Russia, in difficoltà nel conflitto, patì il rischio di una guerra civile, Lenin si mise alla guida del partito e lo guidò verso la presa del potere, cosa che avvenne nel mese di ottobre (febbraio nel nostro calendario) in seguito ad una breve quanto efficace guerra civile contro il governo zarista ormai sfiduciato.
Tra le sue azioni al governo, vi fu subito la pace con gli imperi orientali e la riorganizzazione dello stato sovietico su base socialista, oltre ad una Nuova Politica Economica.
Nacque così l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, una delle due superpotenze del Novecento, e punto di riferimento per tutte le persone di orientamento marxista per quasi ottant’anni. Oggi quello stato non esiste più, ma l’aura di Lenin resta affascinante quanto terrificante, al punto da essere stato oggetto di polemica governativa nel 2007, quando il segretario del PdCI Diliberto chiese di poter portare la sua mummia a Roma di fronte alla Russia che voleva disfarsene.
I motivi per cui Lenin fa ancora paura stanno probabilmente nel fatto che con lui, l’idea di un mondo diverso è stata realizzata, e forse non è un caso che in molti dei paesi ex-Comunisti i nostalgici dei vecchi regimi resistano strenuamente al punto da mantenere vivo l’eco di quella rivoluzione che ha cambiato la storia del mondo.
Come dice qualcuno, infatti, gli insegnamenti immortali non si sciolgono come neve al sole e Lenin resta tra i pochi statisti capaci di trasformare in realtà ciò che gli intellettuali avevano soltanto teorizzato nelle pagine dei loro libri. [ads2]
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