Libertà individuale e limiti sociali nel libro di Giuseppe Addona
Intitolato “La determinazione sociale dell’individuo”, l’ultimo libro di Giuseppe Addona indaga la complessità della relazione tra individuo e società
Pubblicato di recente da Edizioni eDimedia e disponibile anche in formato digitale, “La determinazione sociale dell’individuo. Quale soggetto in una dimensione umana e politica” è l’ultima fatica letteraria di Giuseppe Addona. Docente di filosofia al Liceo Classico “Pietro Giannone” di Benevento, Addona ha dedicato la vita intera alla disciplina che più di tutte si pone domande e tenta di fornire risposte sul senso del mondo e dell’esistenza umana. Una inclinazione, quella per la speculazione filosofica, che Addona mostra già tra i banchi di scuola, gli stessi dove oggi siedono i suoi alunni. Trasmettere alle nuove generazioni quella “meraviglia” che Aristotele considerava la causa del “filosofare”, ossia il bisogno dell’uomo di ricercare, una volta soddisfatti i bisogni materiali, “il conoscere” al solo scopo di liberarsi dall’ignoranza, resta ancora oggi la missione del professore Addona.
Il testo si presenta come una rielaborazione critica dei concetti espressi nella prima edizione, che l’autore ha dato per la prima volta alle stampe nel 1983, e induce a una riflessione profonda sulle condizioni che rappresentano la concretezza degli individui nella società. Una riflessione, ben illustrata nell’introduzione al testo, che fa da fil rouge a tutta l’esposizione.
Nel suo libro, il professore Addona indaga le esigenze dell’individuo che si pone in società, ossia la capacità critica di decidere se concretizzare o meno i propri desideri in relazione alle norme che regolano la vita in comune. E l’umanità diventa la condizione essenziale attraverso la quale costruire il rapporto con l’altro.
In “La determinazione sociale dell’individuo” il punto di partenza dell’indagine è la formulazione di un interrogativo ampiamente sviluppato da Nino B. Cocchiarella, docente di Logica e Filosofia presso la Indiana University, e autore del testo intitolato “Che significa essere umano?”.
Addona muove, infatti, dal presupposto che l’uomo possieda determinati aspetti che concorrono a definire il concetto di “essere umano”. E uno di questi è, senza dubbio, la ragione, intesa come l’attività ragionatrice-discorsiva che distingue l’uomo da tutti gli altri animali, e lo rende a questi superiore. Tale dimensione è peculiare della vita comunitaria, all’interno della quale l’uomo è in grado di assolvere tutte le esigenze dei suoi componenti ed esprimere compiutamente la sua personalità. Per parlare di umanità è necessario tuttavia che quegli elementi che caratterizzano il singolo individuo si diramino anche negli altri membri della comunità. Quando Aristotele afferma che l’uomo è uno zoon politicón, un “animale politico”, sottintende che l’uomo, in quanto dotato di ragione e di capacità di espressione mediante la parola, vale a dire del linguaggio, che gli consente di comunicare con gli altri essere simili a lui, per realizzare compiutamente se stesso e per conseguire la perfezione della sua natura, deve vivere in comunità. Se l’animale è mosso dagli istinti, l’uomo, in quanto essere intrinsecamente “politico”, si muove invece mediante la ragione, che gli permette di disciplinare e di educare la sua natura.
Tuttavia, il campo semantico del termine “ragione” non si esaurisce nel raziocino discorsivo e calcolante, ma comprende anche l’intuito, inteso come rapporto immediato tra soggetto pensante e oggetto. Secondo Addona, l’intuito è utile a comprendere e a valutare con prontezza un fatto o una situazione. Solo successivamente, quando interviene la ragione, la questione viene trasportata sul piano della sensibilità.
La sensibilità, intesa come la facoltà di ricevere impressioni da stimoli provenienti dal mondo esterno mediante le strutture sensoriali, in realtà non ci distingue molto dagli animali. A fare la differenza è l’attitudine – propria dell’anima intellettiva che Aristotele attribuiva all’essere umano – a sentire vivamente le emozioni, gli affetti, i sentimenti dell’altro. La convivenza tra gli uomini si realizza e prende forma attraverso la costruzione del cosiddetto “senso comune”: gli individui elaborano concetti condivisi, cioè un sistema di valori, a cui ricorrono quotidianamente per interpretare il significato degli elementi utilizzati nell’ambito della vita sociale e politica. “Sembrerebbe una tale attività rappresentare quella peculiarità dell’uomo per la quale è detto razionale: egli si pone di fronte a valutare e quindi diventa propositivo ed intersoggettivo, potendo ritrovare altri ed altro”, scrive Addona.
Al centro di una profonda riflessione in ambito filosofico, l’intersoggettività, ovvero l’interazione fra soggetti, è un presupposto fondamentale per la costruzione della società. Nella prospettiva fenomenologica di Edmund Husserl, ad esempio, si ipotizzava di pervenire, attraverso la conoscenza dell’esperienza vissuta dal singolo, alla comprensione delle coscienze degli Alter Ego che interagiscono nella quotidianità. Il soggetto, dunque, non appena esperisce il mondo, si muove verso la conoscenza di un numero infinito di altri Ego, con i quali si relaziona mediante modalità differenti. “Il problema – chiarisce Addona – non appare costituito semplicemente dal percorso al quale la società è pervenuta, anche se è questo a risultare, in ultimo, l’unico effettivo, poiché, anche unitamente agli altri, è il singolo soggetto, con le sue richieste e con le sue motivazioni, che vanno a presentarsi ulteriormente, a interagire in essa società e, quindi, di volta in volta, a sostenerla o a inficiarla”.
L’individuo porta a compimento il processo dell’intersoggettività nella dimensione politica in senso stretto, e in particolare in ciò che si definisce “Stato”. Come sottolinea Addona, obiettivo primario dello Stato, “è fare in modo che, nella società possano presentarsi lavoratori e cittadini coscienti dell’interazione. Tutti costoro, inoltre, devono impegnarsi non poco affinché esista una comunità di questo tipo. Una tale consapevolezza deve riguardare non solo i diritti di ciascun membro ma anche o soprattutto quanto, da esso stato e da chi maggiormente lo sostiene, ciascuno ha ricevuto e può ancora ricavare, nonché quanto altri sottraggono o si offre loro, strappandoli, in questo caso, da una classe per indebolirla, ponendola fuori dalla stessa dialettica che inerisce alla produzione”.
Perciò in uno Stato l’esercizio arbitrario del potere contrasta fortemente con la salvaguardia e il rispetto dei diritti dell’uomo. Tale contraddizione, secondo Karl Marx, è propria dell’organizzazione dell’economia capitalistica, che produce ricchezza per le classi possidenti e miseria per le classi lavoratrici. Questo processo culmina nell’alienazione dell’individuo – cioè nel trasferimento della sua energia nelle merci prodotte – e appare in tutta la sua evidenza nell’economia fondata sulla proprietà privata. Fautori dell’alienazione dell’individuo sono anche i partiti – e tutte le organizzazioni che rappresentano interessi di gruppi particolari – che, in quanto portatori di visioni opposte, limitano l’interazione dialogica e dialettica tra gli individui.
[ads2] Questa interazione si attua infine mediante la libertà, la cui determinazione “non può che essere posta dal soggetto, il quale si trova a definirla come manifestazione di esso, che pensa ed esplica sé, nonché considera gli altri, nell’intersoggettività portante”. Il passaggio dallo stato di servitù alla condizione di libertà ha garantito all’uomo infinite possibilità di scelta. Esistono, tuttavia, molti tipi di condizioni e di vincoli che limitano la libertà dei soggetti. E, a questo proposito, la ragione gioca un ruolo fondamentale. “È questa ad offrire una logica che pervade i soggetti utile ad andare oltre l’idea di anarchia”, scrive Addona.
Il sistema delle libertà del singolo deve dunque risultare compatibile con i sistema delle libertà di tutti i componenti – vale a dire, i “soggetti” – della comunità. “Senza una “realtà” che al soggetto rinvia e che con gli altri soggetti è posta in essere, l’indipendenza risponde solo a una determinazione individuale la quale, anche riflessa in parte, non può che manifestarsi come “evasione” dal rapporto per poi dipendere, però, da ulteriori elementi”. Di nuovo, si ripresenta il principio fondamentale su cui si regge tutta l’impalcatura dei rapporti sociali, l’intersoggettività.
“Solo coloro che relazionano il loro soggetto – scrive Addona – in evoluzione e pieno, al corrispettivo umano possono auspicarsi di emergere da una determinazione che, nel caso contrario, non appare fornire altra uscita”.
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