Uno studio condotto dai ricercatori dell’Università di Toledo, negli Stati Uniti, ha finalmente fatto chiarezza su un fenomeno conosciuto da tempo. Si tratta dei danni provocati dalla luce blu dei dispositivi elettronici come smartphone e tablet. Già da alcuni anni, infatti, i dispositivi mettono a disposizione degli utenti dei filtri per la luce blu da attivare specialmente in ambienti bui. Perché, a lungo andare, questo tipo di radiazione luminosa può danneggiare in maniera irreparabile alcune cellule dell’occhio, chiamate fotorecettori.
Per capire bene questo fenomeno, è indispensabile conoscere per sommi capi come è strutturato l’occhio. Il bulbo oculare è costituito da un rivestimento esterno bianco, la sclera, la cui parte anteriore è trasparente e prende il nome di cornea. Dietro la cornea abbiamo l’umor acqueo che è seguito da iride e pupilla. L’iride non è altro che tessuto muscolare che, contraendosi e distendendosi, regola la quantità di luce che può passare attraverso il foro della pupilla. I raggi luminosi attraversano così l’umor vitreo e vanno a colpire i fotorecettori, situati sul fondo oculare. Sono proprio queste cellule nervose, che si trovano in una zona chiamata macula, ad avere il compito di captare le immagini e di trasferirle al cervello per essere elaborate.
Secondo lo studio pubblicato sulla rivista Scientific Reports, la luce blu andrebbe a favorire la produzione di molecole tossiche per questo tipo di cellule. La conseguenza, nel lungo periodo, è la degenerazione maculare, una patologia che porta alla perdita della vista e che colpisce ogni anno migliaia di persone.
La ricerca afferma anche che la pericolosità della luce blu è universale: è in grado, cioè, di uccidere qualsiasi tipo di cellula. Per questo è consigliabile utilizzare degli occhiali con filtri per i raggi UV e per la radiazione blu ed evitare di fissare per lunghi periodi gli schermi quando si è completamente al buio.
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