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Lucio Dalla: L’anno che verrà (Coronavirus permettendo)

Lucio Dalla immaginò, in musica, l’anno che verrà con un testo attualissimo. Le sue speranze e le sue paure sono anche le nostre, in tempi di Coronavirus

Caro amico ti scrivo, così mi distraggo un po’ è uno degli incipit più celebri della storia della musica italiana. Lucio Dalla, nel 1979, scrisse in musica una lettera ad un amico lontano, tenendosi a distanza di sicurezza. Nel 2020, quelle parole suonano sorprendentemente attuali.

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L’anno che verrà

Lucio aveva bisogno di mettere nero su bianco un tempo confuso in cui c’era ‘qualcosa che non va‘. “Si esce poco la sera, compreso quando è festa“, “e, quando si può uscire, si deve indossare la mascherina”, risponderemmo noi. Ma non solo: “Si sta senza parlare per intere settimane“; in un certo senso, anche i nostri discorsi si sono prosciugati nel silenzio dell’incertezza, della frustrazione, della paura.

Alcune frasi, intorno a noi, sono reiteranti: “Siate cauti“, “Evitate assembramenti“, “Non possiamo sapere quando l’emergenza finirà“. Altre sono state usate talmente spesso che si sono svuotate di senso: “Andrà tutto bene“. Altre ancora, invece, ci scavano nel petto un tunnel d’angoscia. Lucio, invece, aveva parole nuove, originali, evocatrici di immagini terapeutiche: “Ma la televisione ha detto che il nuovo anno ci sarà una trasformazione e tutti quanti stiamo già aspettando. Sarà tre volte Natale e festa tutto il giorno. Ogni Cristo scenderà dalla croce e anche gli uccelli faranno ritorno.”

E ancora: “Ci sarà da mangiare e luce tutto l’anno. Anche i muti potranno parlare, mentre i sordi già lo fanno. E si farà l’amore, ognuno come gli va“. Non si risparmia quando afferma: “E senza grandi disturbi qualcuno sparirà“; in Italia, in questo momento, muoiono mediamente trecento persone al giorno, “senza grandi disturbi”, eppure parliamo di vite umane, non di numeri.

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Che in quest’istante ci sia anch’io

Infine, il cantautore bolognese ammette che qualcosa si dovrà pur inventare per poter continuare a sperare. Perché, come dice, ‘se quest’anno passasse in un instante, diventa importante che in quest’istante ci sia anch’io‘ e, per estensione, che ci siamo tutti noi.

Dobbiamo esserci per noi stessi e per chi non ce l’ha fatta. Per riformulare il mondo, per riscrivere con le nostre parole questa cosa inedita e terribile che ci è piombata addosso. Per costruire i ponti con il futuro. Per vedere la luce in fondo al tunnel o, almeno, per esercitarci ad immaginarla. E per iniziare a prepararci, anche noi, all’anno che verrà.

Luciachiara Faiella

26 anni. Laureata in Filologia Moderna. Impegnata nel progetto CyberZone in collaborazione con Amesci che informa sui fenomeni di bullismo e cyberbullismo. Mi piacciono la cronaca rosa, i programmi leggeri, la musica cantautorale, le spiagge a settembre, i romanzi che non ti lasciano tregua, le serie tv che incollano allo schermo, le persone curiose, i cinema di periferia, la comunicazione sotto ogni aspetto.

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