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Massimo Troisi, il poeta di una generazione indifesa

Massimo Troisi nasceva il 19 febbraio del 1953, per poi lasciarci prematuramente nel ’94, all’indomani delle riprese de Il postino. Oggi San Giorgio a Cremano lo ricorda con l’inaugurazione dei murales di Jorit. #AccadeOggi

[ads1] Massimo Troisi (19 febbraio del 1953 – 4 giugno del 1994) è stato omaggiato stamattina, a San Giorgio a Cremano, paese natale, con l’inaugurazione in via Galdieri di tre murales, tratti dal fermo immagine dei suoi film: il dialogo con Lello Arena sul miracolo facile e quello difficile di Ricomincio da tre, il dettato a Roberto Benigni di Non ci resta che piangere e il bacio tra Mario e Beatrice de Il Postino. Prima del cinema, la carriera di Massimo Troisi era partita dal teatro e dal cabaret. Nel 1969, appena sedicenne, aveva fondato la compagnia teatrale “I Saraceni”, per poi ribattezzata “La Smorfia”, quando maturato artisticamente iniziava a girare l’Italia con i suoi spettacoli. Poi arrivò la tv, dove con Lello Arena e Enzo Decaro, si ritagliò spazi importanti con gli indimenticabili sketch dell’Annunciazione, dell’Arca di Noè e di San Gennaro. L’esordio a tutto tondo al cinema risale al 1981 con Ricomincio da tre: Troisi ne scrisse il soggetto, la sceneggiatura, ne firmò la regia e fu l’interprete principale. Il film divenne uno dei fenomeni cinematografici più clamorosi degli anni Ottanta, rimanendo in sala per più di 600 giorni e conquistando due David di Donatello per il Miglior Film e per il Miglior Attore. Il suo personaggio sensibile, insicuro, impacciato di fronte alla vita e ai problemi della maturità, si è ispessito in racconti dal carattere leggero e sentimentale, che sarebbe riduttivo definire commedie. Credevo fosse amore invece era un calesse (1992) fu l’indagine sull’amore che inevitabilmente finisce della sua ultima regia. Come attore, Troisi aveva recitato, tra l’altro, in Splendor (1988) e in Che ora è (1989) di Ettore Scola. Il suo ultimo impegno come attore è stato ne Il postino (1994), poetico omaggio a Neruda ideato dallo stesso Troisi. Ispirato al romanzo Il postino di Neruda di Antonio Skármeta, Troisi ne affidò la regia allo scozzese Michael Radford, ritagliandosi il ruolo principale e affidando quello del poeta cileno a Philippe Noiret. Ma Troisi non riuscì neanche a vedere il film compiuto, che gli valse una nomination Oscar, poichè colto da infarto, a 41 anni, appena ventiquattro ore dopo la fine delle riprese. Il Buster Keaton napoletano – come definito da alcuni – era il poeta cinematografico dei dubbi e delle illusioni di una generazione indifesa, ritratta nel suo paradosso con malinconia, nella sua ipocondria con profonda ilarità. Il suo essere napoletano usciva da ogni stereotipo, trasformato in intima e personale analisi e alimentato da un’innata mimica facciale, un’accentuata gestualità e da quella timida poesia, tutta napoletana, del sapersi accontentare.
“La poesia non è di chi la scrive, è di chi gli serve”.
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Redazione ZON

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