Siamo finalmente giunti a venerdì 4 febbraio 2022. È un gran giorno per Sanremo perché vedremo le esibizioni delle Cover. Ogni artista ha scelto un pezzo del passato. Per che canzone avrà optato Michele Bravi? Il cantante ha scelto di reinterpretare “Io vorrei…non vorrei…ma se vuoi” , canzone di Lucio Battisti, pubblicata nel 1972.
La solitudine ed il ricordo si fondono, sono anagrammi a cui non sappiamo dare una definizione. La melodia accompagna le note di un uomo che non smette di amare e che non trova consolazione alla sua disperazione. La ferita brucia e si risana poco a poco, in una temporalità circoscritta che ha il sapore della guarigione. Parole dette e non dette, sguardi felpati ed omissioni volute. Palano i silenzi, radici di un amore passionale che sta per sbocciare, caldamente:
“Dove vai, quando poi, resti sola? /Il ricordo, come sai, non consola
Quando lei se ne andò, per esempio/Trasformai la mia casa in un tempio
E da allora solo oggi non farnetico più /A guarirmi chi fu?
Ho paura a dirti che sei tu /Ora noi siamo già più vicini
o vorrei, non vorrei, ma se vuoi”.
La consapevolezza di un sentimento che sta sbocciando si edifica nel cuore del protagonista. Il cuore non segue logiche, si libera e torna a percepire l’azzurro, il verde ed il cielo. Gli organi, in seguito al dolore, ritornano alla vita. Il sangue inizia nuovamente a circolare e l’emotività, per una volta, anticipa i passi della razionalità:
“Come può uno scoglio /Arginare il mare
Anche se non voglio /Torno già a volare
Le distese azzurre /E le verdi terre
Le discese ardite /E le risalite
Su nel cielo aperto /E poi giù il deserto
E poi ancora in alto /Con un grande salto”.
La mente, nel momento in cui ricorda, si lascia andare alla derealizzazione. A stento si riescono a percepire i confini del proprio corpo, tutto appare lontano: cervello e anima, infatti, si separano. Il ricordo del cantante abbraccia le tenebre del passato, ponendo un confronto naturale tra il cordoglio e la luce che risiede nella nuova donna, una donna appena vicina, così vicina da poterla quasi sfiorare. Il corteggiamento diventa una danza alchemica e mistica, un mistero sacro ed oscuro, in cui credere e non credere. Tutto assume una connotazione melliflua, morbida, teneramente seducente:
“Dove vai, quando poi, resti sola? /Senza ali, tu lo sai, non si vola
Io quel dì mi trovai, per esempio /Quasi sperso in quel letto così ampio
Stalattiti sul soffitto, i miei giorni con lei /Io la morte abbracciai
Ho paura a dirti che per te, mi svegliai /Oramai fra di noi solo un passo /Io vorrei, non vorrei, ma se vuoi”.
Dove vai, quando poi, resti sola?
Il ricordo, come sai, non consola
Quando lei se ne andò, per esempio
Trasformai la mia casa in un tempio
E da allora solo oggi non farnetico più
A guarirmi chi fu?
Ho paura a dirti che sei tu
Ora noi siamo già più vicini
Io vorrei, non vorrei, ma se vuoi
Come può uno scoglio
Arginare il mare
Anche se non voglio
Torno già a volare
Le distese azzurre
E le verdi terre
Le discese ardite
E le risalite
Su nel cielo aperto
E poi giù il deserto
E poi ancora in alto
Con un grande salto
Dove vai, quando poi, resti sola?
Senza ali, tu lo sai, non si vola
Io quel dì mi trovai, per esempio
Quasi sperso in quel letto così ampio
Stalattiti sul soffitto, i miei giorni con lei
Io la morte abbracciai
Ho paura a dirti che per te, mi svegliai
Oramai fra di noi solo un passo
Io vorrei, non vorrei, ma se vuoi
Come può uno scoglio
Arginare il mare
Anche se non voglio
Torno già a volare
Le distese azzurre
E le verdi terre
Le discese ardite
E le risalite
Su nel cielo aperto
E poi giù il deserto
E poi ancora in alto
Con un grande salto
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