Morto Morandini, una vita per il cinema
È scomparso ieri, all’età di 94 anni, il critico cinematografico Morando Morandini. Attore, giornalista e autore di monografie, è conosciuto tra i giovani per il suo “Dizionario del cinema e delle serie TV”
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Chiunque scriva di cinema ha sempre un po’ il sogno di diventare un critico cinematografico, perché in un modo o nell’altro il tempo per guardare un bel film lo troviamo sempre, e dire la nostra su quella che è una delle realizzazioni della cosiddetta “settima arte” ti fa sentire grande.
Criticare la fotografia di un film, l’atteggiamento degli attori, la sceneggiatura o la performance di uno dei nostri miti, è qualcosa che facciamo senza accorgercene, perché a tutti piace sentirsi esperti in qualcosa e il cinema ci dà questa chance con relativa facilità. E allora, anche se non siamo esperti d’arte drammatica o abbiamo studiato all’Actor’s Studio, la nostra opinione su una pellicola che abbiamo visto, riusciamo sempre a darla, in qualche modo.
Morando Morandini, invece, era uno di quelli che ce l’aveva fatta a compiere il passo necessario a transitare dal ruolo di semplice appassionato a critico vero e proprio, e in oltre settant’anni di carriera era divenuto uno dei due nomi più importanti nel campo della critica cinematografica (l’altro è Farinotti).
Morandini si è spento ieri, all’età di 91 anni, lasciando lo stesso vuoto che può lasciare un grande attore quando se ne va.
Aveva lavorato anche come giornalista, Morando Morandini, ed era apparso al cinema come attore, apparendo nel film del 1964 di Bernardo Bertolucci “Prima della Rivoluzione”.
In una recente intervista aveva confessato: «Per dirla secca, sono nato al cinema con i film francesi degli ultimi anni ’30. I miei idoli erano Jean Gabin, Arletty, Michèle Morgan. E Gary Cooper tra gli attori americani. Tra le attrici la Davis, la Hepburn, Carole Lombard. E Dorothy Lamour di cui mi innamorai col tramite di John Ford in Uragano (1937). Ford e Hawks erano i miei director preferiti, ma ricordo che mi lasciai incantare da Winterset (Sotto i ponti di New York, 1936) di Al Santell e rimasi sconvolto da Delitto senza passione (1934) di Ben Hecht».
Importante autore di monografie di celebri registi (fra cui S.M. Ejzentejn, B. Bertolucci, J. Huston, ecc.), fu con Fofi e Volpi coautore di una Storia del cinema in 4 volumi, (1988), e nel 1998 ha ricevuto il premio Ennio Flaiano e l’anno scorso l’Ambrogino d’oro.
Una scelta che fu, però, accompagnata anche da una serie di polemiche, perché il figlio del critico, Paolo, fu in gioventù uno dei terroristi del gruppo d’azione Brigata XXVI Ottobre, il cui commando militare nel 1980 assassinò il giornalista Walter Tobagi.
In quel caso fu il sindaco di Milano, Pisapia, città nella quale Morandini era nato nel 1924″ a difenderlo: “Non si può rispondere per eventuali colpe dei figli”.
E per quanto riguarda la lettera sul caso Pinelli (nota anche come «manifesto contro il commissario Calabresi») che il critico scelse di sottoscrivere nel 1971 insieme a centinaia di politici e intellettuali in difesa del ferroviere anarchico assassinato dallo stato, «lo stesso Morandini ha riconosciuto che era sbagliata», sottolineò Pisapia.
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