24 Marzo 2018 - 18:19

PD: si spara a vista ed anche male

Pd

PD e nuova strategia parlamentare. Può veramente esultare il partito guidato da Martina dopo le elezioni dei Presidenti?

La batosta del 4 marzo sembra non essere servita a nulla e, nell’attivare la nuova (solita) strategia in vista delle elezioni dei Presidenti di Camera e Senato, il Pd mette a nudo tutte le difficoltà del caso.

Nel marasma del nuovo Parlamento italiano, infatti, ci sarebbero diversi elementi che da un lato mostrerebbero un partito alla disperata ricerca dell’errore altrui e dall’altro una completa difficoltà politica in virtù di una situazione interna a dir poco disastrosa.

Il grido all’inciucio lanciato dai parlamentari dem, al netto di quelli fatti con il nemico storico da sei anni a questa parte, disegnano un (ahimè) consueto atteggiamento in salsa renziano che segna, in un certo senso, il crollo totale di quella politica portata avanti dall’ex segretario.

In primo luogo, si può dire che data la situazione di impasse non c’è nulla su cui esultare per il Pd.

I democratici, difatti, dimenticano che il Rosatellum 2.0 – legge aspramente criticata dagli addetti ai lavori proprio per il blocco istituzionale che avrebbe creato – è stato fortemente voluto dal gruppo guidato allora da Renzi politicamente e Gentiloni istituzionalmente e per di più a colpi di fiducia, sviando un più attento confronto sugli scenari futuri.

A questa situazione, se ne aggiunge una più strettamente legata all’ambito politico dove le mosse effettuate in questa due giorni di consultazioni interne evidenziano una fragilità tale da poter far scoppiare il tutto da un momento all’altro.

Ciò è rivelato sia dal goffo tentativo di cercare di valere nelle aule – totalmente ignorato dalle altre forze in questione – che dall’incapacità di imporsi come partito rilevante in ambito istituzionale (in grado cioè di fare e disfare coalizioni o presunte tali) in Parlamento.

Questo dato, per nulla da sottovalutare, è messo in mostra anche dalla guida politica fantasma di Martina che, in un contesto tutto da gestire a causa dell’ulteriore disgregazione delle aree interne, deve barcamenarsi fra la forza della precedente gestione – totalmente vincolante in Senato – e le continue richieste di ridiscussione della linea dall’altro.

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