Nei giorni di trambusto per la nota di accompagnamento al Def – con tanto di scontro continuo tra Italia ed UE – a destare particolari attenzioni è anche un ulteriore elemento di fondamentale importanza per l’assetto politico italiano.
Questo specifico aspetto, che in sostanza si ripropone dopo le sperimentazioni del passato, è messo in evidenza dal maggiore partito di opposizione: il PD.
Inserito tra ciò che rimane dell’ala minoritaria del parlamento – più precisamente tra i piccoli ed una FI ormai in caduta libera – il partito guidato da Martina (non del tutto riconosciuto dai suoi) emerge per un atteggiamento tipico che è stato una delle cause del crollo del centro – sinistra negli anni.
Infatti, questo noto modo di fare viene rivelato con forza negli ultimi giorni e rispecchia, praticamente, una volontà a continuare a navigare in acque fin troppo agitate.
Tutto ciò è visibile sia nella strategia politica adottata, con dirette conseguenze sul rendimento presente e futuro, che nell’organizzazione interna.
Il primo punto rispecchia in tutto e per tutto la celebre mossa – utilizzata in passato anche con Berlusconi – di non considerare per nulla l’ambito delle politiche ma solo ed esclusivamente quello degli attacchi diretti.
Come accaduto già con il Cavaliere, in tempi non sospetti, questo modo di fare ha il merito di rafforzare ancor di più un avversario di per sé superiore – parlandone di continuo (anche se in negativo) ed evidenziando, in un certo senso, quello che hanno fatto gli altri – e dall’altro allontanare sempre più quel barlume di speranza dettato da un serio cambiamento interno.
Proprio il famoso cambiamento tanto celebrato in diverse occasioni si collega al secondo punto inerente l’organizzazione interna.
I candidati alle primarie sono ormai decisi ma la formula messa in campo conferma solamente quanto fatto fino ad ora.
Difatti, a differenza di quanto dichiarato dai competitors democratici, il rinnovamento paventato rispecchia, in sostanza, la consueta lotta fra correnti dem ed inoltre la corsa alla segreteria rimarca proprio quell’accentramento di potere a cui da troppi anni si fa la lotta (uscendo continuamente sconfitti).
In questo modo, al netto dell’affermazione dell’uno o dell’altro candidato, si continuerà a generare quella disaffezione verso la vecchia concezione partitica che, associata ad un calo netto nei consensi, provocherà anche una continua rimodulazione del pensiero (e delle politiche) all’interno di contenitori totalmente vuoti.
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