25 Maggio 2020 - 18:04

Pirati dei Caraibi, la saga che ha rivoluzionato un genere

Un decennio fa, l’uscita al cinema di Pirati dei Caraibi rivoluziona il genere piratesco. E’ l’inizio di una saga oramai entrata nell’immaginario collettivo, che ha consegnato al suo protagonista un posto nella storia del cinema

La Disney sembra intenzionata a produrre il nuovo capitolo di “Pirati dei Caraibi”. Recentemente sono saltate fuori le prime novità sulla natura del progetto. Già dal 2018,le prime indiscrezioni rivelavano che Johnny Depp non avrebbe più vestito i panni di Jack Sparrow.

Lo studio sarebbe in lavorazione a un reboot che vedrebbe come protagonista assoluta Karen Gillan.  Diverse voci sostengono che l’interprete di Avengers: Endgame e Jumanji: The Next Level, andrebbe a ricoprire il ruolo di Redd – un famoso personaggio dell’attrazione dei Parchi Disney. Al momento,non si sa se la Gillan abbia già avuto un colloquio ufficiale, ma le intenzioni sembrano esserci tutte.

Dopo la diffusione degli ultimi rumors, com’era prevedibile, la Walt Disney è stata sormontata da feroci critiche, sopratutto tramite i social. Il colosso dell’animazione americana si lancia in un campo minato nel proporre il reboot di film appartenenti a un brand così importate e recente.

In attesa di vedere se la notizia troverà conferma,scopriamo come i “Pirati dei Carabi” sia riuscito a diventare uno dei franchising più famosi di Casa Disney. Una saga oramai entrata nell’immaginario collettivo e che continua a far appassionare spettatori di ogni età. Oggi, esattamente come 17 anni fa.

Una notizia che fa discutere considerando che, sin dall’inizio, la saga dei Pirati dei Caraibi si è presentata come una scommessa che aveva molte probabilità di rivelarsi un fallimento. Ciò che ha permesso ai film del brand Disney di diventare un punto di riferimento nel genere (da lì in poi, tutti i prodotti di stampo fantasy/piratesco dovranno confrontarsi con essi), sono state solo una fortunata serie di coincidenze quali:grandi scelte attoriali e produttive, idee di sceneggiatura innovative, ma anche la selezione di un regista particolarmente ispirato

Nel 2003 esce il primo capitolo dei Pirati dei Caraibi, La Maledizione della prima Luna. Il film riceve consensi inaspettati, collezionando nomination e vittorie durante la Award Season, la critica lo elogia e il pubblico ne rimane immediatamente affascinato.Diventa il maggiore incasso al botteghino del 2003 con un ricavato di quasi 700 milioni di dollari  dai biglietti venduti.

L’idea della prima avventura piratesca nasce dall’omonima attrazione di Disneyland ,“Pirati dei Caraibi” per l’appunto, che risultava un pò fuori moda. Il risultato è andato oltre le aspettative. Sembra assurdo pensare di come, in realtà,sul primo film nessuno ci abbia creduto troppo.

Solo una persona lo ha fatto fin dall’inizio, il produttore Jerry Bruckheimer. Non è stato facile. Vi era troppo scetticismo, dato che negli ultimi trent’anni i film sui pirati non avevano avuto molto successo. Negli anni 60′-70′, portando sullo schermo le vicende dei pirati di Emilio Salgari o di Sandokan, il pubblicò incominciò ad appassionarsi al fascino dell’esotico. Ma, a parte questa breve parentesi, i corsari erano garanzia di insuccesso e flop.

Ma ecco che 17 anni fa esce il primo film che avrebbe rivoluzionato la nostra concezione sul mondo dei pirati, mischiando aspetti tipici del genere fantasy (maledizioni, fantasmi,incantesimi) agli elementi che da sempre avevano caratterizzato il folklore piratesco nato dai tempi de “L’isola del Tesoro” di R.L Stevenson. C’è il rum, i pappagalli parlanti,mete lontane e ignote,e terribili bucanieri pronti a tutto per conquistare un prezioso bottino.

A contribuire al mito dei Pirati dei Caraibi,è stata l’abilità di riuscire ad sposare in maniera così sapiente storia,mistero, racconti popolari e fantasia. Le leggende dell’Olandese Volante– il vascello fantasma che solca i mari in eterno a causa di una maledizione lanciata al suo comandante-; del Kraken -il mostro marino che tormenta i marinai- o del Tridente di Poseidone, si intrecciano nella vicenda, conferendo alla trama maggiore epicità. Nel tessuto narrativo,le figure di Davy Jones o del temuto pirata Barbanera si integrano perfettamente a quelle degli altri personaggi.

Un pirata insolito

Nonostante quanto detto in precedenza, a rendere veramente immortale Pirati dei Caraibi è stato sopratutto il suo protagonista. La fama di questo pirata è indissolubilmente legata alla bravura del suo interprete, l’istrionico Johnny Depp. Nel 2003, Johnny Depp era un’attore dall’indiscusso talento che aveva alle spalle grandi interpretazioni in ottimi film. Aveva, però,espresso il desiderio di girare un film per famiglie e quando viene a conoscenza che la Disney ha in cantiere un film sui pirati, decide subito di farne parte. Quando Depp lesse la sceneggiatura per la prima volta, il capitano Jack era descritto come un eroe sbruffone e spaccone,come un qualsiasi personaggio di Errol Flynn. Ma Johnny Depp intravide la possibilità di creare un tipologia di pirata mai vista prima,che potesse piacere sia a un bambino di cinque anni che a un uomo di cinquanta/ottanta.

L’attore lavorò a lungo per la creazione del suo personaggio. In diverse interviste, Depp raccontò che il suo capitano nacque mentre stava leggendo la sceneggiatura in una sauna. Stava pensando ai vari aspetti del personaggio, concentrandosi sul fatto che Jack avesse trascorso la maggior parte della sua vita in mare aperto. Così aumentò la temperatura della sauna, sentendo di come il caldo lo stesse influenzando mentalmente. A questo punto, Johnny capì l’importanza di un fattore ambientale a cui il suo anti-eroe era stato spesso sottoposto: il calore ardente dei mari dei Caraibi. Un caldo afoso che condiziona la psiche ma anche il linguaggio del corpo. Depp volle dare al personaggio una andatura traballante, quasi da ubriaco,quando scendeva sulla terraferma. Segno di come il suo corpo fosse ormai abituato alla vita di mare.

Ma la principale ispirazione di Johnny Depp per disegnare e far muovere il suo personaggio fu Keith Richards, membro fondatore dei Rolling Stones, divenuto poi compagno di set. Il chitarrista aveva accettato di fare anche una fugace apparizione nel secondo film ma dovette rinunciare a causa del tour mondiale della band; regalando due brevi cameo come papà di Jack nel terzo e quarto.

Il grande interprete vedeva Jack Sparrow come la versione settecentesca di una ribelle rockstar degli anni 70′. Una personalità eccentrica innamorata del rischio e dell’estremo. La Walt Disney non era convinta che questa visione cosi poco “politically correct” fosse adatta per il genere di produzione che avevano in mente. Una volta visionati i primi filmati, si arrivò quasi a licenziare Depp, ma erano arrivati al punto in cui non si poteva più tornare indietro. La dedizione dell’attore verrà premiata, e con questo ruolo riceverà la prima nomination agli Oscar.

Il talento di Johnny Depp è riuscito a dare vita a Capitan Jack Sparrow. Dopo di lui i pirati non sono stati più gli stessi. Non è il temibile capitano Flint dell‘Isola del Tesoro, ne tanto meno somiglia a Capitan Uncino, l’antagonista per antonomasia di Peter Pan (sebbene entrambi siano destinati a una fetta di pubblico piuttosto ampia). La sua prima entrata non potrebbe descriverlo meglio. Le epiche note della colonna sonora, introducono un uomo affascinante, dal look etnico e dallo sguardo fiero rivolto verso l’orizzonte. Ci appare subito un comandate impavido, che dall’albero del suo veliero scruta il paesaggio circostante. Ma subito questa prima impressione viene presto smentita. Quella che credevamo essere un imponente nave, si rivela una barchetta che sta colando a picco.

Movenze barcollanti, parlata ironica e irriverente, mimica estrosa ed imprevedibile, amante del rum e delle scorribande. Desideroso di gloria e di fama; i racconti delle sue avventure vengono da lui stesso esagerati fino all’estremo. E’ un astuto manipolatore che si diverte nel nascondersi dietro la maschera del pirata ciarlatano e incapace, per poi lasciare tutti stupiti quando rivela le sue abilità nel riuscire ad evitare gli ostacoli, anche a costo di utilizzare mezzucci da bucaniere della peggior specie. Al tempo stesso, é capace di gesti di straordinario altruismo per mettere in salvo, se stesso in primis, ma anche i suoi compagni,quasi mai convinti dei suoi piani, ma pronti a seguirlo nelle sue avventure.

Non si è voluto ricorrere al solito cliché del pirata temibile e coraggioso. Si è preferito piuttosto cercare di costruire un personaggio tridimensionale, capace di affascinare tutti grazie alla sua personalità interessante e intrigante. Insegue l’obiettivo che si è prefissato fino a farne diventare un’ossessione, che sia la conquista della Perla Nera o della Fonte della giovinezza. Il mare è per lui sinonimo di libertà, la sua unica ragione di vita, nonché l’unica cosa a cui sia mai stato fedele. E quando si trova davanti la possibilità di vivere in eterno, preferisce scegliere un’esistenza incerta ma “aperta all’infinito mistero del tutto”. Dopotutto si sa, la vita del pirata è fatta così. Ad oggi, Jack Sparrow è uno dei personaggi di pura origine cinematografica ad essere divenuto un simbolo della cultura pop, entrando così  nella storia del cinema.

La dama aristocratica e l’eroe valoroso

Ma non solo di Jack Sparrow vive “Pirati dei Caraibi”. Nulla avrebbe potuto funzionare, se il personaggio di Johnny Depp non fosse stato bilanciato da una serie di comprimari che non hanno faticato a emozionare il pubblico.

A livello di sceneggiatura, per quanto risulti poco scontato pensarlo,non è Jack Sparrow ad essere il vero e indiscusso protagonista. Questo ruolo è sempre spettato a Elizabeth Swann e Will Turner. La loro storia d’amore è il vero motore della vicenda. Il rapimento di Elizabeth per mano di Barbossa e la decisione di Will di liberarla,anche a costo di unirsi alla ciurma di Jack, danno inizio alla storia.Se Jack Sparrow rimane uguale a sé stesso, cristallizzato nella sua ambigua e folle genialità, le figure di Will ed Elizabeth sono quelle che più maturano e si evolvono nel corso della trilogia.

Il Will Turner di Orlando Bloom è un eroe dall’animo nobile e intrepido,pronto a rischiare tutto, a tradire il suo senso di lealtà e d’onore, e spingersi verso qualsiasi destinazione, anche oltre i confini del mondo, per le persone che ama. Un personaggio delicato ma sicuro, in cui film dopo film assistiamo alla sua crescita da ragazzo coraggioso ma a cui non è stata concessa l’occasione di conoscere il mondo e mettersi alla prova; a uomo consapevole del suo destino. Consapevolezza dovuta non solo all’amore per Elizabeth, ma soprattutto dalla scoperte delle sue vere origini, dopo aver risolto il mistero che da sempre si celava dietro la vera identità del padre.

La Elizabeth Swann di Keira Knightley ha l’arco narrativo più articolato e particolare. Parte come figlia aristocratica del governatore di Port Royal, un po’ esuberante e dalle idee progressiste per una donna del XVIII secolo. Nel corso dei primi tre film spezza la maledizione di Barbossa restituendogli la sua mortalità, rifiuta di sposare l’uomo a cui era stata promessa sposa dal padre, parte come clandestina su una nave pirata per salvare l’uomo di cui è innamorata e combatte un pericoloso Kraken. Finisce col diventare la regina dei pirati, incita il Consiglio dei Pirati Nobili a combattere contro la Compagnia delle Indie Orientali; per poi sposarsi con Will nel bel mezzo dell’ultima memorabile ed epica battaglia contro la flotta nemica.

Il suo è un viaggio da eroe completo in cui si ribella a un‘esistenza che le era stata destinata e che le stava stretta, per intraprendere l’avventura più straordinaria della sua vita, con cui si trasformerà nella donna che ha sempre voluto essere, libera di amare e di vivere pienamente.

Il finale a loro dato è stata una scelta insolita, sopratutto tenendo in considerazione la casa di produzione. Un lieto fine malinconico e struggente, che vede Will costretto a diventare capitano dell’Olandese Volante e trasportare le anime dei defunti da un mondo all’altro. Dieci anni sul mare e un’unica possibilità di scendere a terra per un giorno soltanto. Trovando Elizabeth sempre pronta ad attendere e aspettare il suo ritorno anno dopo anno.

Antagonisti in bilico tra odio e amore

Anche i villains dei film riescono ad interessare grazie alle loro storie toccanti e mai banali.

Tra tutti spicca sicuramente il personaggio di Davy Jones dietro il quale si cela un attore di razza inglese del calibro di Bill Nighy. Il suo nome si associa a una credenza marinara di origine anglosassone. Si tratterrebbe di un demone del mare, che andrebbe a simboleggiare la morte per annegamento dei marinari e i relitti che giacciono in fondo al mare. Si racconta che avesse il potere su tutti gli spiriti maligni delle profondità  e potesse apparire in diverse forme prima di qualche calamità marittima. Diffuso era il riferimento allo “Scrigno di Davy Jones”, un modo per indicare i fondali marini, nell’accezione di tomba degli abissi.

Prima di trasformarsi in un orrida e malvagia creatura, Davy Jones era un grande marinaro che commise l’errore che lo avrebbe portato alla rovina: innamorarsi di una donna. Egli si innamorò di Calipso,la dea del mare (la scelta del nome non è per nulla casuale. Calipso era la ninfa che si infatuò di Ulisse e lo rese prigioniero su un’isola per sette anni).

Fu lei ad affidargli l’incarico di traghettare le anime dei morti. Davy Jones adempì al suo compito, conservando la speranza di poter rivedere Calipso nell’unico giorno che gli sarebbe stato concesso. Ma quando arrivò il momento tanto atteso in cui sarebbe potuto scendere a terra per vedere la sua amata, lei non si presentò.

Il cuore di Davy Jones  si spezzò in mille pezzi per non guarire mai più. L’unica cosa che avrebbe contato per lui da lì in poi, sarebbe stata la distruzione delle misere speranze degli uomini e il desiderio di disseminare odio e terrore nei sette mari. Diverse volte rincorre il paragone con la storia di Will e Elizabeth, anche loro messi a dura prova dal fato ma a cui si ribellano pur di non rinnegare il loro amore.

Menzione d’onore spetta a Hector Barbossa, al secolo Geoffrey Rush, rivale di Jack Sparrow da sempre. Il loro rapporto è sempre stato in bilico tra l’odio e l’amicizia.I due si odiano e poi si stimano; prima sono nemici e un secondo dopo fedeli alleati per una causa comune. Le scene tra Barbossa e Jack costituiscono veri e propri siparietti comici che sdrammatizzano la vicenda

L’eredità di un’ avventurosa epopea

A differenza di altre saghe come “Il Signore Degli Anelli” o “”Harry Potter”, Pirati dei Caraibi non ha mai puntato alla costruzione di un universo immaginario (complice il fatto che la materia d’ispirazione non è puramente letteraria). Ha preferito,invece, concentrarsi sulle varie personalità e dinamiche dei personaggi.

Se i piani iniziali prevedevano soltanto una triologia; l’ondata di successo spinse la Disney a girare anche un 4° e 5° film. Gli ultimi due capitoli non soddisfarono la critica e il pubblico, lasciando scontenti la maggior parte di critici e spettatori. La saga cominciava a perdere in termini di regia (data la sostituzione di Gore Verbinski) e qualità di sceneggiatura.

Si sceglie di rendere Jack Sparrow assoluto protagonista e di sostituire i personaggi di Orlando Bloom e Keira Knightley. Si è andato così a scomporre il trio di personaggi iniziale, finendo col rendere la saga meno epica ed eliminando la sfumatura drammatica che aveva contraddistinto i tre film precedenti.

Ma tra difetti e passi falsi, Pirati Dei Caraibi è diventata una saga iconica che ancora entusiasma un pubblico quanto mai più eterogeneo. Questo solo grazie ai suoi emozionanti personaggi e il continuo susseguirsi di maledizioni, inganni, intrepidi duelli, mari paradisiaci da solcare e mete sconosciute da scoprire, in cui si intrecciano storie d’amore e d’avventura.