14 Ottobre 2016 - 17:53

Red Hot Chili Peppers, il live attraverso gli occhi di un fan

red hot Chili Peppers

I Red Hot Chili Peppers sono stati in Italia per il tour promozionale di The Getaway, noi c’eravamo e vi raccontiamo la prima data attraverso gli occhi di un fan

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Questo articolo non possiede il dono dell’imparzialità, è stato scritto da un fan per soli fan, e non solo dei Red Hot Chili Peppers, ma per tutti coloro che si interrogano sulla possibilità di vedere dal vivo il proprio artista preferito. Assistere ad un concerto così significativo è un’esperienza totalmente sconvolgente per chi, come me, è nato negli anni ’90. Significa abbandonare il “comodo” mondo a cui siamo abituati, significa immergersi nella realtà.

Noi di questa generazione viviamo in un mondo completamente digitalizzato, dove non c’è pazienza e voglia di aspettare. Quante volte ci capita su YouTube o Spotify, di non terminare l’ascolto di una canzone in dirittura d’arrivo e di selezionarne subito un’altra? E d’altro canto quante volte ci capita di acquistare un disco e di ascoltarlo con la stessa concentrazione che utilizziamo per guardare le “nostre” serie tv o i film?

Oggi andare ad un concerto è l’unica cosa che possa avvicinarci all’essenza della musica. Fare ore di fila e conoscere persone provenienti da città diverse e con età diverse, ma con la tua stessa passione. Andare ad un concerto vuol dire dover aspettare almeno 5 ore, vuol dire non poter avere tutto e subito.

Andare ad un concerto vuol dire vedere gli artisti che hai sempre amato proprio davanti ai tuoi occhi, terribilmente vivi. Terribilmente umani. Vuol dire essere colpito in pieno dalle note a cui sei più legato, e pensare a tutto ciò che è accaduto dal momento in cui le hai ascoltate per la prima volta. Andare ad un concerto vuol dire sentirsi parte di qualcosa di spaventosamente umano e divino al contempo, essere circondato da migliaia di persone e non percepirne nemmeno una dal momento in cui le luci si spengono e la musica si accende.

Sabato scorso, all’Unipol Arena di Bologna, dio si è manifestato quattro volte durante il concerto dei Red Hot Chili Peppers. Si è manifestato sotto la forma (abbastanza ingombrante) del batterista Chad Smith che, durante Go Robot (Il secondo singolo estratto dall’ultimo album The Getaway) mi indica con la bacchetta fingendo di lanciarmela, per poi ridere di gusto. La presa in giro più bella della mia vita. Si è manifestato sotto forma del boato di tutto il pubblico quando i Red Hot Chili Peppers sono venuti fuori e, soprattutto, del “Suck My Kiss” urlato all’unisono da un numero impressionante di persone.

Si è manifestato sotto forma della ragazza (capelli verdi ed asterisco tatuato) con la quale condividevo la transenna, nel momento in cui all’ennesima strofa dimenticata da Anthony Kiedis (il cantante della band che non fa della memoria il suo punto forte) ci siamo guardati negli occhi scoppiando a ridere. E sotto forma di tutti i ragazzi accorsi da ogni angolo d’Italia con i quali ho fatto amicizia durante le ore di fila, con i quali ho condiviso speranze di scaletta, passione e bestemmie.


Si è manifestato sotto forma di Josh Klinghoffer, spesso criticato ingiustamente per non essere la copia esatta del suo predecessore, e che si trova nella posizione più difficile: essere agli occhi di tutti il rimpiazzo di qualcosa che non può essere cancellato. Klinghoffer è infatti subentrato a John Frusciante, genio creativo e chitarrista “storico” del gruppo tra le perplessità di molti, svolgendo un lavoro egregio e permettendo alla band di continuare la propria straordinaria carriera. Ha infatti cantato una delle canzoni della mia vita, realizzando idealmente un mio grande desiderio, e quello di molti dei presenti ovvero ascoltare David Bowie dal vivo. (Non ci credevo nel sentire le note di “Five Years” e non ci credo tutt’ora)
Questo ragazzo mi ha permesso di realizzare uno di miei sogni e di vedere il mio gruppo preferito dal vivo, e grazie al quale possiamo continuare a sentir parlare del gruppo californiano.

E ancora si è manifestato sotto forma della musica che non è mai stata così importante come in quel momento, il momento in cui le parole assumono un significato nuovo e i suoni non sono mai come li hai sempre percepiti.

Ecco perché l’unica risposta all’interrogativo di vedere o meno il proprio gruppo o artista preferito c’è solo una risposta possibile. Sì.

 

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