Il salario minimo è la paga più bassa (su base oraria o mensile) che, per legge, deve essere conferita ai lavoratori. Serve quindi a tutelare i lavoratori e ad evitare che chi svolga un’attività si trovi in condizioni di indigenza o è a rischio di povertà. In Italia non esiste ancora una legge sul salario minimo a livello nazionale.
Nel 2020 è stato presentato un disegno di legge in materia. Il ddl Catalfo prevedeva una retribuzione non inferiore al contratto collettivo nazionale previsto per il settore in questione o comunque non inferiore ai 9 euro l’ora. Contro il provvedimento però si sono elevate le opposizioni di Lega e Forza Italia. Ma le critiche non vengono solo dai partiti politici ma anche dai sindacati. L’ultimo attacco è arrivato dal segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, nelle conclusioni del congresso confederale: “Non serve una legge sulla rappresentanza né sul salario minimo“.
“L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro” si legge all’articolo 1 della Costituzione ma in materia di tutele per i lavoratori il nostro Paese è estremamente in ritardo. Sulla questione del salario minimo poi la classe politica ha finito con l’arenarsi di più nel fango delle polemiche sterili.
Eppure una legittimazione all’introduzione del salario minimo la si può ritrovare interpretando l’articolo 36 della Costituzione: “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantita’ e qualita’ del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a se’ e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”. Il primo comma della disposizione vincolerebbe il legislatore a definire i caratteri della giusta remunerazione.
Tuttavia, nel nostro ordinamento giuridico, non è mai stata emanata una legislazione determinatrice dei minimi salariali, per cui la giurisprudenza riconosce all’art. 36, Cost., oltre che la natura di norma direttiva, anche una funzione precettiva, considerandola direttamente vincolante nei confronti dell’autonomia privata.
Ad oggi il salario minimo è previsto in ben 21 Paesi dell’Unione. Secondo un’indagine condotta da Openpolis, l’entità del salario minimo, negli stati in cui esiste, è piuttosto variabile. Il range va dai 332 euro al mese in Bulgaria ai 2.202 in Lussemburgo.
Ad registrare gli importi più bassi sono i paesi baltici e quelli dell’Europa orientale e centrale, seguiti dagli stati dell’Europa meridionale. Mentre gli importi più alti, coerentemente con gli standard per i salari in generale e con il costo della vita, risultano quelli delle nazioni dell’Europa settentrionale e occidentale.
Sono però i paesi dell’Europa orientale ad aver registrato il miglioramento più considerevole negli ultimi 10 anni. Prima tra questi la Romania. Il miglioramento è stato invece più contenuto nei paesi dell’Europa nord-occidentale. Ma fatta eccezione per la Grecia, che negli ultimi 10 anni ha registrato un calo pari all’1,4%, i salari minimi sono aumentati in tutti i paesi che ne sono forniti.
A variare, tra i paesi Ue, non è soltanto l’entità del salario minimo nazionale ma anche il suo rapporto con i redditi medi. La proporzione rispetto al reddito medio, nell’economia aziendale e nel settore di industria, costruzioni e servizi, nei paesi Ue (2020).
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