Salmo non fa flop, ma un disco che è già un classico
“La composizione mi ha salvato la vita”. Sono queste le parole che ha usato Salmo per presentare “Flop”, il suo ultimo lavoro troppo attuale nella parte autoriale ed altrettanto infinitamente variegato in quella musicale
A giudicare dai numeri, può sembrare tutto tranne che un fallimento. Si, perché quello che doveva essere un “Flop”, questo il titolo del nuovo album pubblicato da Salmo lo scorso 1 ottobre, in realtà si sta dimostrando un vero e proprio successo, capace in pochissime ore di piazzare ben cinque singoli in cima alla classifica delle tendenze di YouTube e di ottenere lo scettro di disco più ascoltato nel mondo nel giorno della sua uscita.
Un debutto niente male per un lavoro che, a detta del suo autore, “è figlio del periodo di lockdown e di pandemia globale, nonché concepito e realizzato con il sangue, perché la cancellazione di un tour mondiale e la fine di una relazione amorosa stavano per mandare tutto all’aria.”
Il sangue citato da Salmo si riflette in realtà in un generico senso di rabbia che avvolge tutta la tracklist fino a creare una specie di gabbia figlia del periodo pandemico, e la cui unica via di uscita è tracciata dalla musica via via sempre più incalzante e dalle rime presenti sotto forma di veri e propri spintoni. L’ inizio leggermente in sordina, ma pur sempre stiloso e stilettato, dell’ intro “Antipatico” prepara infatti il terreno per una vera e propria smitragliata di versi e concetti che, a partire dalla citazione di battistiana memoria nell’attacco di “Mi sento bene”, diventano sempre più critici e duri trascinando nel calderone tutto ciò che incontrano.
Il rapper sardo ci mette “In trappola” di nome e di fatto quando si tratta di narrare il senso di oppressione e follia lasciato dalla pandemia, i cui riferimenti riaffiorano quasi ossessivamente qua e là nei vari testi, e che lasciano strascichi pesanti sia nello scenario underground di “Che ne so”, vera e propria commemorazione e critica dell’ignoranza, che nel classic rap di “Ghigliottina”, la cui atmosfera urban è massimizzata anche dalla presenza di Noyz Narcos. Dalla fin troppo evidente prossima hit d’amore tormentato “Kumite”, che si avvale in background del lavoro di Takagi e Ketra, la riproduzione del disco tocca anche la religione-giustificazione di “A Dio”, possibile vera chicca del disco e del mondo rap italiano in generale, che si fa religione-celebrazione festaiola nel duetto con Guè Pequeno di “YHWH”, introdotta non a caso da un coro gospel sul cui loop si alterna l’arroganza tipica del genere dei due rapper che rompe le righe ed allontana momentaneamente l’ascoltatore dalla gabbia sopracitata.
Pressione, Cattiveria e senso critico sono infatti i veri leitmotiv di questo lavoro, fin troppo attuale nella parte autoriale ed altrettanto infinitamente variegato in quella musicale, cosa che sembra farlo suonare classico e moderno allo stesso tempo in un andirivieni melodico che sembra migliorare esponenzialmente dopo ogni nuovo ascolto. “Nella vita basta avere un po’ di ritmo”, afferma Salmo nel refrain del fanalino di coda “Aldo Ritmo”, il cui beat fortemente artigianale si inserisce sulla scia dei bassi lasciati in cuffia dalla title track “Flop” e dall’altra potenziale hit “Fuori di testa”, che in realtà la testa la fa muovere davvero un bel po’. Stilisticamente parlando, la ballad in salsa oltre oceanica “Marla” ed il blues dal retrogusto quasi western di Alex Britti e della sua chitarra in “A Dio”, cercano di smorzare i toni che vengono immediatamente ricondotti sui binari dei decibel martellanti dalle progressioni in salsa rock di “Criminale” e di “Hellvisback 2”, pezzi forti, melodici e massicci che fanno venire l’acquolina in bocca in previsione di una futura trasposizione live di un progetto destinato a non essere di passaggio e di cui sentiremo parlare ancora per molto tempo. Perchè anche nel caso fosse un disco brutto, sarebbe comunque “ok”.
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