Sanremo 2020, prima serata: le considerazioni sui primi 12 artisti in gara

Sanremo 2020 parte con il botto con un monologo di Fiorello e l’omaggio a Modugnodi Tiziano Ferro. Si sono esibiti 12 dei 24 artisti in gara. Ecco le impressioni di Zon.it

Sanremo 2020 mette da parte la timidezza e parte con il turbo con un monologo alla Fiorello, di Rosario Fiorello. Avanti veloce con la gara dei giovani che rompono il ghiaccio. Si esibiscono Eugenio in via Di Gioia e Tecla, passa quest’ultima che convince con “8 marzo“. Il secondo duello è tra Fadi e Leo Gassman, per la giuria demoscopica è il secondo a meritare la finalissima di venerdì con la sua “Vai bene così”.

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Tiziano Ferro omaggia Domenico Modugno e l’Ariston l’accoglie con un caldo abbraccio il cantautore di Latina,  si mette comodo in quella che diventerà casa sua fino alla finale di sabato. In tempi piuttosto celeri arriva la gara dei big e Sanremo 2020 spinge ufficialmente il tasto “play”.

Le impressioni delle 12 esibizioni

Irene Grandi – Finalmente io:  Quando canta è finalmente lei. Sul palco ci sta bene e in tono liberatorio la sua ballata pop fa scuotere la testa. “innamorata della libertà” grida, anzi canta, usando parole che sono state scritte per lei da Vasco. Confortante, è tornata.

Marco Masini – Il confronto: Festeggia sul palco dell’Ariston i suoi 30 anni di carriera. Il brano è sanremese nel senso più classico del termine. “Il passato ci esce dalla testa” canta e gli affezionati non possono fare a meno di cogliere quelle cifre stilistiche che hanno fatto di Masini una voce riconoscibilissima. Romantico.

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Rita Pavone – Niente (resilienza 74): Un mood che non ti aspetti dalla Pavone, ecco perché incuriosisce e trascina la platea. Un crescendo di energia incastrato in un buon testo (scritto dal figlio) che sfoggia con grinta. Sanremo aveva sentito la sua mancanza, per lei standing ovation che accetta commossa. Quinta essenza della resilienza, classe 45′, è esplosiva. Regina indiscussa della serata.

Achille Lauro – Me ne frego: Un ritmo “senza veli” nel vero senso della parola. Entra mantellato, ma poi si svela in tutina super aderente e glitter. In fondo, lui se ne frega. Il brano è adatto alla radio, vuole puntare verso quella direzione. La platea non sussurra perché Lauro è coerente con il suo modo di essere, la canzone pecca di alcuni passaggi un po’ cliché come “panna montata al veleno“. Audace? 

Diodato – Fai rumore: Sulla scia di Che vita meravigliosa gli acuti dell’artista vibrano nel teatro restituendo una performance da brividi. Con un testo importante, il brano è melodicamente avvolgente e si fa posto tra i possibili pezzi destinati a fare la differenza. Il suo pop usato per raccontare il rumore del silenzio, affascina. “Le mie scarpe sanno dove andare” canta, probabilmente lo sa bene anche Diodato dove vuole arrivare. Avvincente e vincente. 

Le Vibrazioni – Dov’è: il gruppo a Sanremo si sente a casa, così come la canzone resta fedele alla tradizione testuale e strumentale della band. Nulla di nuovo, ma va bene così, un brano costruito bene con una produzione che mira alla radio. Dopo aver festeggiato i venti anni di carriera, scelgono nuovamente il Festival di Sanremo per fare squadra. Una scelta pop-rock azzeccata. 

Anastasio – Rosso di rabbia: tra i favoriti alla vittoria, già vincitore di X Factor 12, Anastasio da buon scaramantico incrocia le dita e sale sul palco con l’intenzione di dare il massimo. E ci riesce, con il suo rap-verità rompe gli schemi e si nutre di rabbia. La sua non è ira, è sfogo generazionale che vomita in testi drammaticamente attuali. Il brano si presta ad essere la naturale continuazione de “La fine del mondo”. Coerente.

Elodie – Andromeda: sembra di sentir cantare Mahmood, ma la voce è di Elodie. Il testo scritto dall’ultimo vincitore del Festival, si completa con la produzione di Dario Faini (Dardust) e crea qualcosa di già sentito o perlomeno prevedibile. Una buona prova per le frequenze radiofoniche, fondamentale ai fini della classifica finale. Piacevole Dejavu.

Bugo e Morgan – Sincero: non la strana coppia, ma la coppia. Due voci che insieme stanno bene e che ironizzano beffardamente sull’ipocrisia del fare “buon viso a cattivo gioco”. Quanto costa essere sinceri e che peso può avere il perbuonismo di cui spesso la nostra società pecca? I due artisti si divertono a risolvere con la musica questi e molti altri interrogativi. Autoironici.

Alberto Urso – Il sole ad est: a Sanremo 2020 è certamente il brano più centrato se di tradizione si vuol parlare e di classicismo anche. Alberto dopo aver portato a casa la vittoria dell’ultima edizione di Amici, allieta la platea dell’Ariston con una romantica canzone d’amore sull’amore in cui il mare si fa metafora assoluta di immersione emotiva e i sentimenti divengono rassicuranti fari. Classico.

Riki – Lo sappiamo entrambi: una ventata di freschezza proveniente dal mondo dei Talent. Dopo aver riscosso un buon successo sul mercato latino, Riki torna in Italia e calca per la prima volta il palco di Sanremo, per dimostrare una raggiunta maturità artistica. Melodicamente pop, la ballad si avvale di alcune terminologie piuttosto social che strizzano l’occhio ad una pertinente contemporaneità. Cresciuto.

Raphael Gualazzi – Carioca: un jazzista di vanto, punta di diamante di questa edizione del Festival di Sanremo 2020. Il brano dalle calde atmosfere brasiliane rimanda a quegli scenari lontani e sognati. Così come sognata e tormentata è l’attrazione per la donna “Carioca”. Un caleidoscopio di melodie ballabili e fischiettanti. Energia. 

Antonella Esposito

Sono specializzata in Comunicazione pubblica e d'impresa e laureata in Scienze della comunicazione. Animata da una forte passione per la scrittura critica. Seguo con interesse musica, cinema e teatro.

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