Sanremo 2024: non è più il Festival delle canzoni che restano
Quanto ci piace il Festival di Sanremo contemporaneo? Il peso delle canzoni uptempo e dei tormentoni rischia di rovinare una tradizione musicale invidiata in tutto il mondo?
Sanremo 2024 è la quinta conduzione dell’era Amadeus e forse l’ultima. Il “forse” resta un imperativo categorico. Gli ultimi cinque anni hanno completamente stravolto il corpo e l’anima della kermesse di musica italiana più seguita al mondo.
Un cambiamento iniziato con Sanremo 2017, edizione che porta la firma di Carlo Conti come direttore artistico e la vittoria di Francesco Gabbani con Occidentali’s Karma, il brano dance pop che ha fatto ballare l’Ariston e ha persino portato uno scimmione all’ESC. Il leone d’oro del cantautore toscano segna una sorta di spartiacque con lo stereotipo del “pezzo sanremese”, una tendenza che prosegue e viene portata avanti da Claudio Baglioni, è sotto la sua conduzione infatti che trionfa Mahmood con Soldi.
Soldi come brano manifesto del Festival contemporaneo
Soldi mette la coppa in mano a generi come il contemporary R&B e l’Elettropop, lasciando sul secondo gradino del podio l’intensa ballad cantautorale di Ultimo, I tuoi particolari e addirittura al terzo posto Musica che resta de Il Volo, lo stesso trio che solo quattro anni prima aveva raccolto standing ovation e tripudi di applausi con il pop-lirico di Grande amore. Il 2021 è stata la volta del rock con la Zitti e buoni dei Måneskin, re di Europa poi all’Eurovision tenutosi a Rotterdam. L’edizione successiva fa vincere un altro genere ancora: l’urban di Mahmood e Blanco che con Brividi letteralmente strappano la vittoria alla struggente e più sanremese Ovunque sarai di Irama.
Per fortuna a risollevare le sorti del pop ci ha pensato Marco Mengoni con Due vite, aggiudicandosi la vittoria a Sanremo 2023, senza però invertire una tendenza ormai avviata. Quella delle radio, dei brani uptempo e dei motivetti accattivanti dal ritornello killer. Pezzi con una struttura ritmica trascurabile che almeno un ventennio fa, sarebbero stati rilegati a semplici “canzonette”. Canzoni costruite per avere rapida diffusione a livello di streams e vorticosi passaggi radiofonici. Brani studiati per vincere la viralità, non per restare.
Ne abbiamo davvero bisogno?
Abbiamo davvero bisogno di tanta contemporaneità? Giorgia ieri sera ha risposto a questa domanda cantando. In occasione della seconda serata di Sanremo 2024, in veste di co-co di Amadeus si è esibita di diritto come regina indiscussa della musica leggera. L’artista ha interpretato la celebre E poi a trent’anni dalla sua pubblicazione, emozionando e catturando l’intera platea. A fine puntata ha piazzato un medley pazzesco dei suoi più grandi successi, incantando l’Ariston e quasi sicuramente i telespettatori. Lo ha fatto con brani forti che hanno tutt’oggi un potere d’ascolto immediato e senza tempo.
L’effetto nostalgia è inevitabile. Va bene “svecchiare”, seguire i trend, aprire lo sguardo verso altri generi, ma non dimentichiamoci la vera polpa che ha reso celebre la competizione della città dei fiori. Il Sanremo di Volare, di Claudio Villa, di Massimo Ranieri è quello che ha fatto della musica italiana, un vessillo nel mondo. La vera trasgressione è questa, ambire all’eterno.
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