17 Maggio 2022 - 18:06

Scapestro, un “indisciplinato coscienzioso”

Intervista al cantautore Scapestro fuori col suo nuovo album, nato in pandemia, "E' il bene che resta"

Scapestro

Nessuna apocalisse potrà mai travolgerlo, finchè avrà con sé i suoi strumenti. Perché per lui fare musica “è un’esigenza” che non conosce compromessi. Scapestro, al secolo Fulvio Di Nocera, presenta su Zon.it il suo nuovo album “E’ il bene che resta” (Soundfly), già disponibile in digitale, e in formato fisico dal prossimo 20 Maggio.

La title track si avvale della collaborazione di Chiara Carnevale degli Assurd, ed in qualche modo attinge al tuo passato da militante in diverse band. Cosa c’è di quel Fulvio in Scapestro?

C’é una buona parte di me in questo progetto, grazie a Scapestro sono riuscito a dare voce ad un sentito che già sedimentava in me. Molte collaborazioni, come quella con le Assurd fanno parte del mio presente artistico, c’é un pezzettino di tutti gli artisti con i quali ho collaborato nella mia musica.

Perché un nome d’arte così particolare?

E’ un gioco, viene fuori da quello che viene etichettato come lo “scapestrato”, anche se Scapestro ne rappresenta una evoluzione più coscienziosa.

E’ il bene che resta” è un album  decisamente suonato, densissimo dal punto di vista degli arrangiamenti. Quali suggestioni e modelli ti hanno ispirato?

Sono stati molti gli ascolti nella fase di pre-produzione, ho ricercato degli ambienti dove la mia voce potesse essere a proprio agio, spesso ambienti dilatati e sussurrati; tra i vari ascolti : Devendra Banhart, Beck, diversa musica strumentale e africana.

A me è sembrato di sentire, specie in Chi se ne va, un po’ dei Subsonica di “Discolabirinto” e dell’album “Microchip emozionale”.  Sono fuori strada?

In verità ad influenzare questo brano è stata la musica dei Tinariwen, ovviamente all’interno ci sono contaminazioni più elettroniche che fanno riferimento alle mie influenze artistiche, passate ma sempre attuali.

La soffitta”, che è il brano che più si discosta dal mood generale del disco, potrebbe tranquillamente far parte del repertorio di Fred Buscaglione.

Si esatto, per me rappresenta la leggerezza, un brano per non prendersi troppo sul serio, e al suo interno ci sono molte influenze della musica italiana a cui facevi riferimento. Tra l’altro un po’ di anni fa abbiamo riproposto una bellissima canzone di Fred Buscaglione, Donna di Nessuno, un capolavoro.

E invece da Luigi Tenco, di cui qualche anno fa hai rifatto “La ballata del marinaio”, cosa hai preso?

Dai grandi della canzone italiana ci si nutre della loro poesia, la ricerca della parola per me è stata di riferimento.

Il mare è uno degli elementi di raccordo tra le due “anime” dell’album: alleato in Marinai, nemico pericoloso in Mondo Sommerso. Proprio quest’ultima canzone descrive quasi un Eden al contrario: siamo chiamati a sopravvivere in un mondo che ha perso ogni riferimento

Mondo sommerso è una visione futuristica di quello che potrebbe accadere, un futuro che dopo questa pandemia sembra poi non essere così lontano, ma al suo interno racchiude uno spiraglio di luce.

Se tu, però, potessi portare con te una capsula del tempo, cosa ci metteresti dentro?

I miei strumenti di sicuro! 

“Quanto credi che ci sia costata questa libertà di cui parliamo?”  Così canti in “Come vecchie pellicole”. Ma che cos’è per te la libertà?

È il confine rispettoso in cui non c’è il prevaricare sull’altro e viceversa.

Per un cantautore, poi, il concetto di libertà assume un significato ancora più denso: quanto ti è costata, se ti è costata, la libertà di poterti esprimere appieno, lontano dalle logiche discografiche del mainstream?

Non mi é costata in realtà, fare musica per me rappresenta un esigenza, é difficile scrivere o suonare quello che non rappresenti. Quello che invece ho pagato a caro prezzo è stata la possibilità di tracciare la mia linea e seguirla anche quando nessuno sembra crederci, a volte  persino noi stessi. Come diceva una canzone  “la libertà va sempre difesa, sempre riconquistata” .