31 Luglio 2016 - 12:37

Se non è una guerra di religione non rendiamola tale

Al grido “Non è una guerra di religione” le comunità islamiche francesi ed italiane, in risposta all’invito del Card. Bagnasco, invitano i propri fedeli a partecipare alla messa domenicale. Fra fraintendimenti e passi affrettati si esplicita, nella realtà, l’ennesimo scontro fra “culture”

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Prendere una decisione in un momento di crisi è una delle cose più difficili al mondo e spesso la scelta fatta può influire, in maniera tanto positiva quanto negativa, sul prosieguo dell’intera esistenza.

In una sua esternazione sulle decisioni prese, lo scrittore Paulo Coelho afferma che “A ogni essere umano viene donata una grande virtù: la capacità di scegliere.Chi non la utilizza, la trasforma in una maledizione e altri sceglieranno per lui.”.

La frase di Coelho può essere ripresa e trasposta ai nostri giorni facendo riferimento al fenomeno terroristico mondiale e all’originale avvicinamento tra il culto islamico e quello cattolico.

Non è una guerra di religione

Non è una guerra di religione

A rendersi protagonista di tutta la vicenda (e di tutte le scelte) è, in questo caso, la comunità islamica che, in una situazione mondiale a dir poco “travagliata”, si trova fra il dover dare continue spiegazioni (ai troppi profani) sulla sbagliata interpretazione dell’equazione islam=ISIS e la richiesta delle altri culti di sconfessare con maggiore forza la lotta del Califfato.

In questa situazione, incalzati anche dalla comunità cattolica (con il Card. Bagnasco in prima fila) dopo i fatti di Rouen, le comunità italiane e francesi hanno invitato i propri fedeli a partecipare al culto domenicale della Chiesa di Roma.

La richiesta, pur rappresentando un grande gesto, nasconde inevitabilmente un messaggio specifico e facilmente esposto a distorsioni.

Il primo punto da cui desumere questo messaggio è riscontrabile nella celebre affermazione “Non è una guerra di religione”.

Con le richiesta tanto cattoliche quanto islamiche, in realtà, si tende ad esplicitare proprio uno scontro sia culturale che religioso.

In pratica, la richiesta di Bagnasco&co unita alla risposta delle comunità “italo-francesi” permette di dividere nettamente in due la sfera “religioso/culturale” in cui un cattolicesimo, di stampo europeo ed “occidentalista”, si identifica come la parte “buona” che impartisce alla parte, più che “cattiva” malvista, una “lezione” di “buoni principi”.

Allo stesso tempo si tende a creare una divisione netta tra islam “moderato”, e quindi europeo e buono, e islam “estremo”, e quindi cattivo, che, oltre a creare ulteriori nuove tensioni, pone le basi sia per una “caccia al mostro” che per una nuova “distorta” visione dell’arco mediorientale.

L”esultanza” di Bagnasco all’immediata “risposta” islamica ha reintrodotto un nuovo “dislivello” sociale fondato sulla religione dove il “cattolicesimo” detta le sue condizioni di “pace” e lo fa in “posizione” di superiorità rispetto agli altri.

Pur “rigettando” ogni giorno il concetto di “guerra di religione”, i “ministri” di ogni culto tendono sempre a dare una visione particolare della realtà facendo emergere, in un certo modo, il senso di superiorità che il loro credo “possiede” rispetto agli altri.

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