Sense8: la puntata finale urla un forte “Amor vincit omnia”

È il canto del cigno per Sense8 che ci costringe a dire addio al mondo ideato dai fratelli Wachowski. Il finale è una dedica soprattutto ai fan

Nella seconda stagione di Sense8 abbiamo lasciato i protagonisti pronti alla battaglia. Will, Riley, Capheus, Nomi, Lito, Sun, Kala, Wolfgang: tutte le identità si confondono se le menti entrano in connessione. I personaggi, infatti, pur provenendo da angoli di mondo disparati, sono ricondotti ad un denominatore comune: la natura umana.

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L’empatia è stata messa a servizio di un fine nobile: la libertà di essere ciò che si è. I sensate hanno così creato un fronte compatto contro Whispers e la BPO, organizzazione che tenta di stanarli per ucciderli.

Nella puntata finale la battaglia entra nel vivo, mentre le emozioni e le paure dei sensate sono espresse in una meravigliosa polifonia. Tante le scene d’azione ad altissima intensità che poi sfumano in frammenti lirici e riflessivi: i fratelli Wachowski ci hanno abituato a questa narrazione sfaccettata. Perché sfaccettata è la natura degli umani.

La fine che scrive nuove inizi

I sensate si trovano per la prima volta tutti insieme, fisicamente vicini, all’interno della stessa stanza. Stanno organizzando un piano per salvare Wolfgang, caduto nelle mani della BPO, proponendo uno scambio con il villain Whispers.

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La strategia bellica prende una piega imprevista che non farà mancare colpi di scena, ma intanto iniziano a venire alla luce i dettagli taciuti sulla storia di Angelica, la donna che si suicida all’inizio della serie e il cui gesto si cristallizza nella memoria dei sensate.

Angelica è la madre, metaforicamente, di tutta la cerchia. Una madre protettiva che usa la sofferenza per comunicare, perché il dolore ci unisce più di qualunque altra cosa. Dalla sua fine scaturiscono otto nuovi meravigliosi inizi, unici ed interdipendenti.

Amor vincit omnia

Amor vincit omnia” è il titolo dell’epilogo e, sebbene l’espressione latina sia ormai inflazionata, conserva il suo valore evocativo. La storia si snoda in due città ad altissimo potenziale cinematografico, Parigi e Napoli, entrambe rappresentanti dell’amore: la prima di quello romantico, la seconda di quello puro, genuino, per il cibo e per la vita.

Proprio nella cornice parigina, alle spalle di una scintillante Tour Eiffel, Amanita e Nomi si giurano amore eterno, in un matrimonio alla presenza dei loro amici e parenti.

Amanita sottolinea l‘importanza delle emozioni in un mondo che le subordina alla ragione perché le considera infantili, irresponsabili, pericolose. Lei sa che le emozioni contano: a volte sono piccole come quando sente il profumo di toast alla cannella e le manca sua nonna, altre volte sono infinite.

Nomi non ama le promesse, né le cose che fingono di essere per sempre, perché niente è per sempre. La sua vita (soprattutto negli ultimi due anni) è stata la dimostrazione che le cose cambiano, e le persone cambiano. Ma confessa di non poter pensare ad una vita migliore di quella spesa a guardare Amanita che cambia. Guardarla evolversi e crescere.

Il finale che ogni fan avrebbe desiderato

Il finale di Sense8 non è perfetto, ma è il finale che ogni fan avrebbe desiderato. Dinamico, a tratti confusionario, convulso, eppure emotivamente pregnante, e fedele ad una poetica di stampo queer. Alcune vicende trovano un loro sviluppo fuori dallo schermo come la disputa di Sun con il fratello o l’ascesa politica di Capheus, ma era prevedibile.

Tutti i personaggi hanno un loro lieto fine perché questo finale è stato concepito per i fan, per coloro che si sono opposti al destino che ha segnato la serie Netflix attraverso una bruciante cancellazione. A loro va la dedica che compare nell’ultimo fotogramma, preceduta da un’orgia conclusiva che vibra sotto le note di “Experience” di Ludovico Einaudi.

Siamo giunti alla fine di una viaggio meraviglioso che non dimenticheremo facilmente, perché ci ha insegnato che nessuna cosa è una cosa sola e che, quando attribuiamo a ciò che ci è familiare un nuovo significato, in continua evoluzione, facciamo a noi stessi il dono salvifico di aprirci all’imprevisto. Proprio in questo nuovo regno che non ci è ben familiare troviamo nuove possibilità, e nell’ignoto troviamo la speranza.

Luciachiara Faiella

26 anni. Laureata in Filologia Moderna. Impegnata nel progetto CyberZone in collaborazione con Amesci che informa sui fenomeni di bullismo e cyberbullismo. Mi piacciono la cronaca rosa, i programmi leggeri, la musica cantautorale, le spiagge a settembre, i romanzi che non ti lasciano tregua, le serie tv che incollano allo schermo, le persone curiose, i cinema di periferia, la comunicazione sotto ogni aspetto.

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