Lo smog incrementa la mortalità da Covid: +11% anche con basse concentrazioni di polveri sottili
Il Covid uccide di più dove l’aria è più inquinata dallo smog. A rivelarlo è uno studio della Scuola di Salute Pubblica “T.H. Chan” di Harvard che revisiona un lavoro precedente. Basse concentrazioni di PM2.5 possono far aumentare il tasso di mortalità dell’11%
Il particolato atmosferico può aumentare il numero di decessi causati dal Covid-19. A rivelarlo è uno studio pubblicato su Science Advances da un gruppo di ricerca della prestigiosa Scuola di Salute Pubblica “T.H. Chan” dell’Università di Harvard, a Boston. Di fatto, lo studio ha revisionato i dati e i risultati di un precedente lavoro preliminare condotto sempre dallo stesso team e pubblicato lo scorso Aprile. Il risultato è particolarmente sconfortante: l’esposizione prolungata ad inquinamento atmosferico determina l’aggravarsi del decorso dell’infezione da coronavirus, con un conseguente aumento della mortalità. In particolare, l’incremento di 1 μg/m3 (un microgrammo per metro cubo di aria) di polveri sottili PM2.5 provoca un aumento dell’11% del tasso di mortalità per Covid-19 nell’area esposta a tale incremento di smog.
Il precedente studio aveva stimato un incremento della mortalità dell’8% nei soggetti esposti ad incrementi dei valori di smog, ma si trattava di uno studio preliminare, non ancora soggetto a peer review. Il nuovo lavoro ha potuto beneficiare di dati più completi e riferiti a un periodo temporale sensibilmente più lungo, confermando i risultati di altri lavori analoghi.
Il prof. Mark Miller, dell’Università di Edimburgo ha dichiarato che “Questo studio di Wu e colleghi è una rielaborazione di un loro precedente lavoro, seguito da revisione paritaria da scienziati competenti in materia. Questo lavoro si aggiunge ad un crescente numero di studi che indicano un collegamento tra inquinamento atmosferico e Covid-19, e fornisce chiarimenti per studi futuri mirati a capire quali inquinanti sono responsabili di questi cambiamenti e quali vantaggi potrebbero portare diverse misure di riduzione di tali inquinanti. I livelli di inquinamento atmosferico presi in esame da questo studio sono piuttosto modesti. Pertanto, nonostante questo studio sia stato condotto negli Stati Uniti, non c’è alcuna ragione per credere che una situazione simile non possa verificarsi nel Regno Unito, o da qualunque altra parte nel mondo“. Allo stesso tempo però, lo scienziato ha sottolineato che servono ulteriori studi in merito, per far luce sui princìpi biologici alla base dell’aumento di mortalità in seguito all’esposizione allo smog. Come fa notare lo stesso Miller, questi risultati potrebbero emergere perché, semplicemente, sia lo smog che il Covid-19 colpiscono i medesimi gruppi vulnerabili: anziani, portatori di malattie caardiovascolari e respiratorie, soggetti asmatici e allergici.
Nonostante i dubbi però, questo studio condotto negli Stati Uniti sembra confermare i risultati di altri studi simili condotti in altre parti del mondo, come quello pubblicato dalla SIMA – Società Italiana di Medicina Ambientale. Lo studio italiano ha evidenziato una correlazione tra l’aumento dei contagi e i picchi di smog nella Pianura Padana durante lo scorso inverno. Una brutta notizia, considerato che secondo un reportreport di Legambiente l’85% delle città italiane sono sotto la sufficienza per qualità dell’aria.
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