Suburra, un viaggio nella “terra di mezzo” della Capitale
Roma nell’occhio del ciclone: politica, corruzione e criminalità. Suburra anticipa sorprendentemente il terremoto giudiziario Mafia Capitale
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5 novembre 2011. Mancano sette giorni all’Apocalisse. Questo il brevissimo arco temporale in cui si snoda la storia di Suburra, il nuovo film del regista Stefano Sollima, liberamente tratto dall’omonimo libro di Giancarlo De Cataldo e Carlo Bonini.
Accattivante e decisamente incisivo il titolo. “La Suburra è un luogo fisico che esiste tutt’ora; si trova a Roma alle spalle dei Fori, nel quartiere Monti. È una zona molto buia, e nell’antica Roma era il quartiere delle case di tolleranza, e il luogo dove plebe e patrizi si incontravano per portare a termine ogni tipo di traffico” ha precisato Carlo Bonini.
Nel film diviene il luogo simbolico in cui si intrecciano diverse realtà, il sostrato in cui grandi e piccoli uomini di potere, vecchi e nuovi criminali scendono a compromessi in vista dei propri sporchi interessi.
Veniamo alla trama. Piove incessantemente su Roma. Filippo Malgradi (Pierfrancesco Favino), politico corrotto e dissoluto, passa la notte con due escort, una delle quali rimane uccisa, innescando un effetto domino in grado di trascinare i personaggi in un vortice di avvenimenti e di far inceppare il meccanismo di “suburra”. Minimo comune denominatore è un enorme affare urbanistico: la costruzione di un quartiere residenziale stile Las Vegas ad Ostia.
A gestire il territorio di Ostia è Alessandro Borghi, rilevazione del film, criminale erede di una potentissima famiglia, chiamato Numero 8. Claudio Amendola è Samurai, il più temuto rappresentante della criminalità romana nonché ultimo componente della Banda della Magliana. Un uomo diretto, apparentemente innocuo, ma in grado di trasformarsi in un freddo esecutore. Al di fuori dei palazzi del potere Sebastiano (Elio Germano) è un Pr che si divide tra feste ed eventi mondani, sfruttando contatti e situazioni. Ben presto sarà costretto ad imbattersi nella famiglia Anacleti a causa dei debiti contratti dal padre suicida. Si rivelerà un uomo disposto a tutto pur di salvare se stesso.
Suggestiva la scelta del regista dei riferimenti storici, le dimissioni di Berlusconi e di Papa Ratzinger, che hanno consentito di dare concretezza alla storia narrata. Attualità involontariamente conferita dai recenti avvenimenti di cronaca che hanno sconvolto Roma, basti pensare a Mafia Capitale, i funerali Casamonica e le dimissioni del sindaco Marino.
Debolezza della pellicola è la prevedibilità. Dal genere crime story ci si aspetterebbe adrenalina, alta tensione e un ritmo incalzante. Il regista pare, invece, prediligere un ritmo lento e la descrizione di avvenimenti difficilmente non prevedibili. Il film non sorprende, non emoziona, ma fotografando la collusione del potere temporale e spirituale con la criminalità organizzata, restituisce allo spettatore uno spaccato tipicamente italiano.
Grande assente pare essere proprio il popolo, spettatore inerme e passivo delle dinamiche politiche. Non casuale è la scelta dei personaggi, tutti volutamente negativi, ma in grado di restituire un’immagine decadente e di pochezza morale e umana.
La metafora biblica dell’Apocalisse è accattivante, ma indica in realtà distruzione, catastrofe più che guarigione o salvezza. È esclusa ogni possibilità di redenzione.
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