Taglio dei parlamentari: il referendum e la fine della rappresentanza
Il taglio dei parlamentari rischia di essere l’ennesima beffa della politica italiana. In pericolo c’è la rappresentanza territoriale
Ci siamo, il momento chiave è arrivato. Non sono ammessi più indugi, tutta Italia domani è chiamata ad un voto decisivo e confermativo. Il taglio dei parlamentari è stata una delle battaglie più ostiche del Movimento 5 Stelle, una di quelle che il partito fondato da Beppe Grillo ha portato avanti con più ostinazione. Finalmente è arrivato il momento aspettato da tutti. Domani le urne chiamano, non solo per le elezioni regionali, ma anche per dare una definitiva “botta” al Parlamento.
Un Parlamento che, indubbiamente, sarebbe mutilato della sua rappresentanza in più parti. Infatti, secondo i calcoli e le stime già fatte, il numero di deputati e senatori ne uscirebbe fortemente ridimensionato. Alla Camera, da 630 deputati si passerebbe ad un numero di 400 (con il taglio di più di un terzo dell’intero ramo del Parlamento). Al Senato, in proporzione, i numeri restano pressapoco gli stessi, anche se da un numero di 315 senatori si passerebbe ad un numero di 200. Insomma, un taglio abbastanza importante e netto a chi si dovrebbe occupare del processo legislativo dell’Italia. A questo punto, però, sorgono parecchie domande, molti quesiti lasciati irrisolti dagli stessi politici.
L’impressione è quella di una misura creata più per sensazionalismo che per altro. Più e più volte, infatti, si è controbattuto il fatto che questo risparmio andrebbe ad agire sullo 0,007% della spesa pubblica. Praticamente un’inezia, se paragonato al risparmio che si potrebbe ricavare abbassando l’indennità mensile di tutti i membri del Parlamento (che attualmente si attesta per entrambi i rami sugli 11.000€). In più, sorge un problema ben più grave da contrastare, che il taglio dei parlamentari rischia di acuire: la rappresentanza territoriale.
Una distanza insormontabile
Non neghiamocelo: il taglio dei parlamentari aumenterebbe il numero di rappresentanza per ogni parlamentare. Ciò significa che non solo crescerebbe la “forbice” tra popolazione e i suoi rappresentanti, ma addirittura alcune Regioni sarebbero clamorosamente declassificate. Quindi si allargherebbe la disparità di trattamento, e naturalmente verrebbe messa in pericolo anche la struttura centralizzata della stessa Italia. Infatti, alcune Regioni, come l’Umbria e la Basilicata, subirebbero un taglio netto, pari al 57% dei seggi. Una distanza profondissima, che andrebbe a limitare della metà il potere delle Regioni soprattutto del Centro e del Sud. Ma non è tutto.
Infatti, il taglio dei parlamentari garantirebbe anche un accentramento del potere verso i partiti, che metterebbe a rischio la funzione legislativa dello Stato. Maggior potere sarebbe relegato ai partiti e ai suoi leader, con l’eventualità di paralizzare effettivamente l’attività del Parlamento e di una maggiore disparità in sede di voto. Naturalmente, quello che ne conseguirebbe sarebbe un maggior potere ai segretari di partito, dunque una minore possibilità di dissenso e confronto all’interno degli stessi. Si assisterebbe, di fatto, ad una sorta di “tirannizzazione” della vita politica. Il che, considerando che l’Italia è ancora una Repubblica democratica, cozza parecchio con i principi costituzionali e di fatto ne viola il criterio. Inutile dire, tra l’altro, che il processo legislativo stesso ne risentirebbe.
Avendo, infatti, un minor numero di persone in Parlamento, si rischia anche di avere anche un minor numero di persone al lavoro su una data legge. I tempi di gestazione si allungherebbero ulteriormente. Ci sarebbe il rischio molto più alto che, per fare di fretta, non si badi troppo a limare i difetti, ma a presentare proposte nel minor tempo possibile. Questo inconveniente porterebbe inevitabilmente ad una maggiore superficialità in sede di legislazione. I primi a risentirne, naturalmente, sarebbero i cittadini. Perché è sulle loro spalle che il peso dell’Italia grava ancora, e proprio le loro spalle rischiano di spezzarsi per prime, schiantandoli al suolo.
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